lunedì 16 febbraio 2015

#terremotoemozionale#maschere#ilfuggitivo#sgomento#dubbio#certezze#disorientamento#avantitutta!!



Il momento è difficile, è come se mi fosse tremata la terra sotto i piedi e sia lì in contemplazione inerme di quello che mi è crollato intorno mentre stò piano piano accertandomi che io sono rimasta in piedi, tale e quale a com'ero, cioè..no..no tale e quale no, perchè dopo un avvenimento imprevisto atto a portar scompiglio, non può necessariamente tutto restare come era, no, quindi diciamo che, accertatami che io non sia crollata come le macerie che restano di alcune mie presunte certezze, muovo i primi passi per cercare di tornare alla normalità.
A questo servono i terremoti emozionali?


Forse tu sei li che costruisci e fabbrichi coi pensieri senza renderti conto che stai ignorando qualche elemento fondamentale e allora qualcosa ti deve scuotere, ti deve distogliere per farti capire che stai tralasciando qualche particolare. Me lo immagino così, come se fosse un gesto estremo dell' universo che ha provato a mandarti segnali più blandi, che tu ovviamente non hai colto e allora ha dovuto ricorrere a qualcosa di drastico per smuoverti dal tuo torpore o dal tuo instancabile lavorio mentale.
Il terremoto che mi ha mandato l' universo si è concretizzato sotto forma di carta stampata e si chiama "Le 5 ferite".
Cosa sono queste 5 ferite? Pare che siano le cause che ci impediscono di essere quello che veramente siamo, i condizionamenti della nostra esistenza.


Fino a ieri pensavo che dipendessero esclusivamente dalle nostre esperienze vissute e da traumi inflitti in tenera età. Oggi scopro che probabilmente non è così, ma anzi,  che a seconda della ferita da curare, la nostra anima scelga nel momento della nascita, il corpo che ci ospiterà più consono alla ferita stessa. Pare infatti che il nostro aspetto fisico, che a differenza della mente non sa mentire, racchiuda in sè i segni, le posture, ma soprattutto le fattezze del condizionamento che ci portiamo dentro. E non solo, sceglierà una precisa famiglia in cui farci nascere dove uno o entrambi i genitori avranno quella medesima ferita da curare.
Inutile dire che da oggi guarderò le persone che conosco e che incontro con occhi e una consapevolezza diversi.


Ma non è questo il punto su cui volevo soffermarmi oggi; chiaro che se scrivessi un blog generico su riflessioni e scoperte che si fanno giornalmente potrei cercare di aprire un dibattito sul tema. Ma no, questo blog è incentrato su di me, quindi parlerò di quello che ho tristemente appurato sulle mie ferite.
E non c'è voluto neanche tanto visto che la triste scoperta si è palesata appena a pagina 8!
Ora, c'è da spiegare che ad ognuna di queste 5 ferite che ci portiamo appresso, corrisponde una maschera che indossiamo per ingannare gli altri e noi stessi, un comportamento dietro il quale ci nascondiamo per non sentirci vulnerabili e per evitare di soffrire ancora a causa di questa ferita.
Procedendo nella lettura della prima ferita, ovvero il RIFIUTO, mi sono riconosciuta nella descrizione di alcuni comportamenti, pensieri e sensazioni, ho riscontrato anche qualche analogia fisica, ma la scossa vera e propria l'ho percepita quando ho appreso la maschera che indossa chi soffre di questa ferita: il fuggitivo.


Non stò qui ad elencare tutti gli atteggiamenti in cui mi sono ritrovata mentre procedevo nella lettura, perchè nessuno mi conosce così bene da potermi dare un riscontro, e questo perchè se indosso una (o più) maschere è proprio per celare quella che sono. Dico solo che per molte ore, tutti i miei progetti che sto pianificando e sui quali mi sto concentrando sono scomparsi, lasciando spazio ad un grosso vuoto fatto solo di sgomento e disorientamento.
Ovviamente è facile indovinare che le domande che mi sono rivolta fossero tutte atte a scoprire se la mia voglia di cambiare paese non sia un realtà una fuga dalle situazioni che non voglio affrontare. La risposta sembra piuttosto semplice. Quello che ne consegue è cercare di capire quindi se continuare ad assecondare la fuga o rimanere cercando di prendere di petto la situazione.
Il fatto è che comunque, fuga o non fuga, in Italia di questi tempi non è che si stia proprio bene.


Quindi, mi sono detta, mi sta bene interfacciarmi con le mie ferite e lo farò sicuramente da ora in avanti, ma continuerò a portare avanti il mio progetto, che servirà a tentare di avere una vita lavorativa e monetaria migliore (se va come mi immagino) e ad insidiarmi in un paese non avendo più messo in valigia le sopracitate maschere!


#Sydney#Australiaday#26thjanuary#stairwaytoheaven#meritocrazia#partediqualcosa#paradisiterrestri#quelcheilmondofagirar


16597
Sono i chilometri che separano Genova da Sydney.
Perchè Genova è la mia casa, perchè Sydney lo sarà. E io ho deciso così.



Naturalmente metto in preventivo qualche km di scarto, vale a dire che se non sarà Sydney ma Brisbane, o Cairns o Perth o una qualsiasi altra città, va bene lo stesso, l' importante è che sia Australia!
Tutta questa eccitazione è determinata dal fatto che ho ricevuto una mail di risposta davvero piacevole e positiva dal famoso australiano citato nel post precedente. Cosa che mi ha fatto avanzare di un gradino sulla scala ideale che stò salendo per arrivare al mio obiettivo. La mia personale "stairway to heaven", come cantavano i Led Zeppelin.
Perchè l'ultimo proclamo che mi sono sentita fare diceva propriò così: ".. stavolta, se Australia dev'essere, voglio entrarci dalla porta principale!", alludendo al fatto che non ho intenzione di rientrare nel paese come turista e poi trovare clandestinamente qualcosa da fare, sperando che si tramuti in una reale possibilità permanente. Non voglio arrivare in Australia da Italiana fuggiasca e disillusa come tanti che ho incontrato nel mio ultimo viaggio, che ti parlano solo di zero prospettive e di alto tasso di suicidi. Io non vivo così, io non sono da un colpo al cerchio e uno alla botte. Io sono da carte in regola e tirarsi su le maniche.
E adesso sto scrivendo questo post con quel giusto sottofondo musicale.


Gli interrogativi di questi giorni, una volta che la consapevolezza di aver osato è stata ripagata, sono molti, ovvio, alcune sono domande lecite da farsi quando ci si rende conto di trovarsi davanti ad un possibile grande cambiamento, forse il PIU' grande. Altre invece sono solo paure, freni o rimasugli delle vecchie paure, che forse neanche sono le mie, ma mi sono state trasmesse dalle mie frequentazioni più strette o dalla famiglia.
E' vero, una mail sono solo un mucchio di parole una in fila all' altra, magari ben spese, ben strutturate, ma di fatto non sono una certezza. Il fatto è che forse anche le parole di incoraggiamento bastano per cambiare vita e per decidere che si è sulla strada giusta. Dopotutto è questo che mi piace dello stile australiano di prendere la vita: positività, apertura, benevolenza. Una bella differenza rispetto al mugugno a cui siamo abituati da questa parte del pianeta!
Adesso ho appena  buttato giù un progettino per offrire i miei irrinunciabili servigi al paese che più di tutti vorrei abitare, e speriamo che il mio australiano trovi il modo per darmi una mano a concretizzarli, oltretutto mentre scrivo ricorre la giornata dell' Australia day, commemorazione del primo insediamento europeo di Port Jackson nel 1788, ora parte del porto di Sydney, a cui attraccò la prima flotta di 11 navi giunta dalla Gran Bretagna guidata del Capitano Arthur Philip. Una giornata in cui, oltre a riunirsi per festeggiare il proprio paese e la propria cultura, gli Australiani consacrano i personaggi annuali che hanno contribuito alla crescita e al miglioramento del paese, ma danno anche il benvenuto agli immigrati che sono diventati cittadini australiani.


Il mio desiderio è che il prossimo anno sia anch'io una nuova cittadina a cui dare il benvenuto, anche se il solo fatto di poter celebrare il 26 gennaio in Australia vorrebbe dire tante cose.:P
Mi sono ricordata poi, mentre facevo questo pensiero, che prima di partire avevo visto una pagina Facebook australiana, in cui gli immigrati che trasferendosi nel paese rosso avevano avuto una seconda chance, potevano caricare un video in cui ringraziavano pubblicamente il paese. Era stato molto emozionante per me vedere tante persone, di razze e religioni e culture diverse che si dichiaravano felici non solo della loro scelta, ma anche di sentirsi parte di qualcosa. Questo concetto ha molta presa su di me, non mi riferisco al patriottismo, infatti la cieca devozione e convinzione degli americani mi fa rabbrividire, e in quanto ad essere fieri di essere italiani, non mi arrischierei a fare sondaggi in giro! Tralascio volutamente la insana devozione islamica che di questi tempi crea panico e scompiglio.
Essere parte di un grande paese, giovane ma funzionale, frizzante e curioso e soprattutto aperto a nuove idee, a nuove sperimentazioni, credo mi farebbe essere fiera di abitarlo.
L'Australia non è il paradiso, questo è bene che si sappia, non si pensi di partire verso un luogo dove tutto è possibile col minimo sforzo perchè intanto lavoro ce n'è. Il principio non è quello, anche perchè se così fosse si sarebbe già riempito di gentaglia e schiene dritte, che è quello che poi è successo in Italia.


Ti sondano, ti sorvegliano, ti controllano, te e il tuo conto in banca e le tue credenziali, perchè tu presentandoti alla loro porta garantisci di chiedere asilo in cambio di accrescere il benessere del paese. Alcuni lo vedono come un brutale affronto, ma non lo è, se per un attimo lasciamo da parte le accuse di perbenismo interessato e i giudizi sterili. Vogliono essere sicuri, che tu realmente contribuisca alla crescita del paese e siccome di furbi è pieno il mondo cercano di smascherarli prima di avergli dato la libertà di beneficiare della loro ricchezza ed equità. Nè ho visti molti tornare a casa, gente che si credeva di andare a fare la bella vita, con stipendi triplicati rispetto a quelli italiani, belle case, panorami da favola e rispetto, senza aver dimostrato neanche di sapersi rifare il letto. Non è che arrivi li e la gente fa a pugni per offrirti un lavoro e una sistemazione.
Da nessuna parte è così, a parte Terminus (Walking dead 4° serie), peccato che poi l' intento è quello di scuoiarti per farne salsiccie!


 Non è impossibile, bisogna solo avere la possibilità di dimostrare di aver voglia di fare, perchè nei paesi sani, quelli che se lo meritano costruiscono il loro avvenire, gli altri restano indietro.
Chiaramente ci vuole anche un pò di culo, non a tutti capita il privilegio di poter dimostrare il loro valore, ma è anche vero che a volte le occasioni bisogna crearsele, e questo non vale solo per l' Australia. Tutti sappiamo che se vogliamo ottenere qualcosa dobbiamo lottare, imporci e crederci. Il lavoro non arriva se stai sdraiato ad aspettare. Capisco che provenendo da un paese come il nostro si faccia fatica a credere che possa esistere la meritocrazia, ma basterebbe mettere il naso fuori dall' Italia per scoprire che non troppo lontano da noi le cose funzionano diversamente: Germania, Paesi Bassi, Danimarca, Scandinavia. Non c'è bisogno di fare 16.000 km per accorgersi che l' impegno paga. Quello che frena tanti italiani a mettere il naso fuori è la paura, è il rischio, l' incertezza della riuscita. Ma come diceva Merlino a Semola, il garzone che poi avrebbe estratto la spada dalla roccia nell' omonimo film Disney "..non star solo ad aspettar ciò che per caso puoi trovar, se metti buona volontà il mondo tutto ti darà, però se tu non rischierai, nulla mai rosiccherai..."