Le razze di cammelidi domestiche invece, sono i Lama e gli Alpaca da cui gli Indios ricavano preziosa fibra tessile per indumenti. La loro docilità è affascinante e toccarne il manto morbido fa ritornare bambini. Il tempo minaccia pioggia per tutta la giornata e mentre continuiamo a salire i primi sintomi di Soroche, il mal d' altura, iniziano a manifestarsi: giramenti di testa, stomaco che gorgoglia e reclama di svuotarsi, vertigini e debolezza. Ci fermiano in un microscopico pueblo dove beviamo mate de coca, un infuso di foglie di coca per combattere lo stordimento e ci scambiamo racconti di viaggio con due nuovi amici milanesi, Filippo e Gaia che stanno spendendo il loro viaggio di nozze in Perù da cinque giorni prima di noi.
L' autobus prosegue salendo fino all' altezza massima di 4.910 metri dove anche il movimento semplice di scendere per scattare una foto si presenta arduo per quanto l' aria sia rarefatta. Lo sforzo di infilare la giacca per non bagnarsi diventa epico. Io avendo mal vissuto la tratta in bus da Ica ad Arequipa, nonostante viaggiassimo in un lussuoso e confortevole bus Cama, con tanto di sedili reclinabili di 160°, schermo privato, cuscino e coperta, ho preventivamente iniziato ad assumere il Sorochipill da ieri e la mia soffferenza si limita all'affaticamento nei movimenti, ma Puddy che per i Peruani è Alicio, non sembra passarsela ugualmente bene. Quando prende la sua capsula ormai è tardi.
Si aggiunga a ciò che arrivati a Chivay, la nostra base per la notte, si scofana il mondo al buffet che ci hanno propinato per pranzo, tra stufato di Alpaca, frittelle, riso e chissà cos'altro. Ci ritiriamo nel nostro hotel senza riscaldamento e ci infiliamo sotto le coperte per recuperare un pò le forze. Per cena facciamo una conoscenza un pò più approfondita dei nostri compagni di viaggio; ci sono una nonna, una mamma e una figlioletta peruviane che viaggiano insieme per il paese, una coppia di coniugi Cileni molto simpatici, una ragazza danese che ha vissuto a Cuzco per due mesi lavorando in un asilo, poi Angelica, peruana di mezz'età che viaggia sola e ama le danze tradizionali tra cui ballare sulle note de "El condor pasa", quando gli intrattenitori della serata la rapiscono dal tavolo e la bardano con sombrero, gonna piroettante e bolerino. Siccome siamo un poco disturbati prendiamo solo due sopas e due jugos de Pina y Papaya, ma nonostante ciò, Alicio vivrà comunque la sua peggior nottata della vita riducendosi ad un cencio grigiastro.
La levataccia delle 5:30 lo schernisce crudele dalla sveglia del cellulare e scommetto che maledice di trovarsi a 3.500 metri per provare ad avvistare i detestabili condor che molto probabilmente non si faranno nemmeno a vedere! Ci infiliamo sul bus con facce funeree mentre scopriamo che anche altri viaggiatori hanno visitato ripetutamente le rispettive latrine nella notte. Anyway, oggi c'è il sole che fa capolino tra la nebbia e la strada verso il Mirador Cruz del Condor è meravigliosamente verdeggiante e ricca di animali al pascolo.
Angelica ha lo sguardo fiero e annuisce soddisfatta mentre tutti le rivolgiamo un prevedibile "el condor pasò"! Io e Puddy saltiamo il pranzo e ci prepariamo alla discesa ad altitudini più consone, tra distese verdi e zone brulle dove le torrette di pietre degli andini la fanno da padrone, tramandando fino a noi, antichi culti e reverenziali forme di saluto alle montagne che ci hanno accolto regalandoci ricordi indimenticabili.
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