Llegada a Chichen Itza
Cena en Pistè
y primera visita a la ciudad de Mèrida
Dopo quasi 5 ore di autobus e due acquazzoni potenti lungo il tragitto, arriviamo a Valladolid alle 19 passate. Piove che Kukulcàn la manda, le strade sono allagate, non essendoci tombini e noi dobbiamo ancora arrivare a Pistè, dove dovrebbe attenderci una stanza confortevole al Chichen Itza hotel, sempre che non ci abbiano dati per dispersi e l' abbiano rivenduta a qualche avventore di passaggio. Prendiamo anche il bus per Pistè e il gentilissimo autista ci lascia proprio in fronte all' hotel, anche se qui non piove.
Il sole completa il suo giro intorno alla terra, le stelle brillano sopra altre teste ed è nuovamente giorno. Chichen Itza ci aspetta.
In coda per il biglietto d' ingresso ci si avvicina una guida, tra tanti che lo seguiranno, offrendoci la sua conoscenza per la prossima ora, porta un cappellino e degli incredibili occhi chiari sotto la visiera, sa già di aver attirato la nostra attenzione, anche quando ci dice che il sito possiamo visitarlo comunque anche da soli, scattando foto e leggendo un opuscolo in italiano, perchè è bellissimo e vasto.
Vogliamo lui, ha quel piglio orgoglioso da scugnizzo che senza parlare ti fa capire che potresti perdere l' occasione del giorno. Non la perdiamo.
Ci racconta della nascita e dello splendore del sito con enfasi, parla di architettura e astronomia, la straordinaria capacità dei maya di trasporre nella costruzione degli edifici i riferimenti al loro calendario, di calcolare con precisione l' allineamento del sole durante i solstizi e gli equinozi, cosicchè solo una volta all' anno, nel giorno più breve e in quello più lungo, facesse capolino tra le feritoie sulla sommità della piramide creando magici effetti mistici.."l' asse della terra si stà spostando? No ès verdad, bueno si, pèro despuès tutto rrretorna alla perfecsion porquè si no non avremo màs questi effetti di luce del sol que se alìnea con esta construciòn.." o giochi di luci ed ombre per cui si assistesse alla discesa sulla terra del serpente piumato, il dio Kukulcàn.
La piramide, la costruzione più importante del sito, ha quattro lati come 4 sono le stagioni, 4 scale che portano alla sommità, che rappresentano i 4 punti cardinali, ha 91 gradini che moltiplicati per 4 i lati danno 364, più la sommità fanno 365, come i giorni dell' anno, su ogni lato ci sono 9 gradoni, divisi in 18 terrazze, che simboleggiano i 18 mesi del calendario e 52 pannelli che rapresentano il numero dei giorni secondo il ciclo maya
.." un caso? " chiede Lupito.."daaaai, yo no lo creo!" e ci invita a riflettere sull' immensa conoscenza possieduta da questa misteriosa civiltà. Io sono completamente in estasi, sento il magone che mi strizza le budella come ogni volta che i pezzi del puzzle che stò idealmente ricomponendo stessero andando tutti a posto.
Un campo di 167 metri, delimitato da due altari alle estremità in cui sedevano i nobili, Lupito ci parla della straordinaria acustica del luogo, di come i Maya fossero stati in grado di riprodurre l' eco in un territorio da cui non avrebbero neanche potuto trarre ispirazione. Cosa doveva sembrare l' eco, se non la voce degli dei? Quale motivazione migliore per dare il meglio di sè durante un gioco massacrante avevano i contendenti, se non che ad assistere alla partita ci fossero anche le sacre divinità? Ma come fare, se non ci sono nè colline, nè montagne che riproducano il suono della voce? I Maya ne sono capaci, lupito allarga ancora le braccia, batte i palmi delle mani e il suono si ripete 7 volte..il battito degli dei..forte e chiaro, come le voci del pubblico che assisteva alle competizioni veniva 7 volte riproposto dando l' impressione che anche le divinità incitassero le squadre, la palla passa dentro il cerchio, la partita è vinta, i vincitori si offrono con orgoglio agli Dei e vengono decapitati.
Lupito nota i nostri sguardi interdetti.. "porquè a los Dìos se ofrece lo mejor, y lo mejor no es el perdente". Lungo il gradone che delimita il campo incise nella pietre le figure dei sette giocatori, bardati per la competizione con protezioni alle gambe, ai fianchi e alle braccia. Poi il capitano che viene decapitato, e dalla sua testa i fiotti di sangue si trasformano in serpenti guizzanti. Sotto l'anello di pietra è raffigurato un teschio, nella posizione di esalare l' ultimo respiro. Siamo arrivati alla fine del campo e Lupito ci mostra l' altare da sotto, con le sue decorazioni in rilievo, i resti di antichi colori sulla pietra, ci parla del Dolby, il sistema audio che consente di percepire i suoni perfettamente anche da distante.."si ahora se habla de Dolby Surround desde el nombre de sus inventor, el senor Dolby, a quel tempo se doveva hablar de Maya Surround"..pausa ad effetto, le solite braccia che si allargano e il battito dei palmi che distintamente sentiamo riprodursi a 167 metri di distanza, così come il fischio potente di Lupito e il battito di Terry che vuole sempre testare la veridicità del fatto, guadagnandosi il nuovo appellativo di Terry San Tomàs.
E' arrivato il momento di salutare Lupito, vorrei abbracciarlo per questa meravigliosa esperienza e vorrei anche abbracciare Terry per aver insistito a fare la visita guidata, perchè davvero avremmo perso un' immensa opportunità. Prendiamo il bus per Merìda, ancora un poquito de lluvia lungo il cammino, un pollo cotto sulla brace da mangiare con le mani sugli ultimi sedili in fondo al camiòn, siamo inguardabili, i Messicani hanno ribrezzo di noi, pensiamo. Disossata la carcassa alla stregua di due avvoltoi ci complimentiamo l'un l'altro e scendiamo a destinazione. Merida ci accoglie con un bel venticello fresco e i suoi portici illuminati intorno alla Plaza grande.
Passeggiamo rilassati per le piazzette, sgranocchiando ghiaccioli fatti a mano di vera frutta fresca dai colori vivaci, alla chaya, una pianta di queste parti con le cui foglie si fa una bevanda buonissima, al cocco, al mango, al kiwi. Mèrida è diversa dalle città incontrate finora, è per certi versi più europea, essendo stata fondata da Francisco Montejo, il conquistador Spagnolo, possiede chiese cristiane e una lunga via con palazzi e case imponenti in stile classico, inoltre la piazza con i portici è più vicina alla nostra architettura che non a quella centro americana.
Torniamo al nostro alberghetto italiano, di Leopoldo di Arezzo, belli felici della giornata trascorsa..stanotte abbiamo materiale a sufficienza da elaborare per fare sogni interessanti.
Ma che meraviglia! Grazie perchè ci fate partecipi delle vostre belle emozioni. Baci
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