giovedì 12 ottobre 2017

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Questa è la mappa dei miei tragitti effettuati in questi 6 giorni. Certo, a posteriori mi sarebbe piaciuto indicarli ogni volta con un colore differente per poterli distinguere, ma il punto comunque era provare a percorrere tutte le Calli di Venezia e dimostrare a me stessa che una città vivibile esiste anche nella Serenissima.
Ebbene sono felice di affermare che è così, che non incontrare quasi nessuno a Venezia si può, che si riesce anche ad ascoltare i propri passi e il rumore dei propri pensieri, da quanto ci si ritrovi soli; che si può avere l'impressione di essere entrati nella dimensione in cui, Venezia, si sia presa un giorno di ferie dai suoi avventori e abbia guadagnato il largo della laguna, lasciando tutti a piazzale Roma o alla stazione Santa Lucia.
E questo mi porta però a confermare anche un'altra grande verità, che riguarda la stupida ottusità del turista che le sue strade invade, o meglio, LA sua strada... perché il fiume di gente, e a volte è davvero spaventosamente in piena, si concentra solo e inesorabilmente negli stessi punti, nel percorso tracciato, che è quello segnalato dai cartelli gialli che si trovano in alto a fianco ai nomi di calli e ponti e che indicano ossessivamente: San Marco, Rialto, Stazione, Piazzale Roma e Accademia.
Il turista è come un vitello inconsapevole che ciecamente viene guidato al macello, che ama la vicinanza con i suoi simili e brama incanalarsi in code, dalle quali viene travolto e sospinto. Non vede niente, non capisce cosa guarda e poco gli interessa. Ama accalcarsi sui ponti e fare foto in luoghi affollatissimi, dove niente si percepisce del posto in cui si trovi, ma quel che è certo è che nel suo scatto saranno comprese altre mille persone. I viaggiatori sono ben'altra cosa, se permettete.

La tragedia di Venezia sono i suoi turisti che la alimentano e la ingrassano e cui lei sfila il portafoglio e si serve da sola.."gondola signori?" E il turista apre la tasca e si fa alleggerire di 80, 100, anche 120€ ho sentito in questi giorni, senza curarsi di leggere i cartelli che informano della tariffa. Ed è giusto così, è lo scotto che i veneziani estorcono per sopportare di essere invasi tutti i giorni dell'anno, nessuno escluso, perchè Venezia non chiude mai. 

Deve essere dura per quelli che ancora resistono e non si arrendono ad abbandonarla, nonostante il disagio di vivere in una grande e sontuosa giostra.
Poi ogni tanto sbroccano, sui vaporetti, mentre si fanno largo tra le valigie armadio degli orientali a cui cercano di insegnare a non ostruire il passaggio. Sul Canal Grande, lungo la tratta che dalla stazione porta a San Marco sono state appese alle finestre delle bandiere, con scritto "Venezia è una città vera".
Come a dire a chi qui ci viene come andrebbe a DisneyLand, che le persone qui ci vivono, ci lavorano, che questa è la loro città, prima di tutto. Che non se ne vogliono andare perchè asfissiati da troppa gente che non la rispetta e non la preserva. 
Scriveva Indro Montanelli prima di abbandonarla " Venezia non aveva, per restare Venezia, che una scelta: mettersi sotto la sovranità ed il patronato dell' Onu per riceverne il trattamento, che certamente le sarebbe stato accordato, dovuto al più prezioso diadema di una civiltà non italiana, quale la Serenissima mai fù nè mai si sentì, ma europea e cristiana, intesa unicamente alla conservazione di se stessa.
Il risultato lo abbiamo sotto gli occhi: un turismo di massa con la merenda al sacco, che fa i suoi bisogni sotto i loggiati."
Solo la sera, quando le orde barbariche, ripercorrendo sempre la stessa tratta liberano i ponti, le calli e i sotoporteghi dal loro incedere floscio e insensato, si lascia andare ad un sospiro liberatorio.
Spegne le luci e rimane immobile ad ascoltare lo sciabordio dell' acqua contro gli scafi. Si svela così in tutta la sua malinconica e romantica bellezza, silenziosa e sgombra da inutili presenze. I suoi fantasmi escono ed iniziano a vagare a mezz' aria, ripopolando gli antichi e sfarzosi palazzi per l' ennesimo ballo in maschera, tra parrucche a boccoli e culi imbottiti, baciamano e scarpini di velluto, soffitti affrescati e broccato alle pareti.