giovedì 31 gennaio 2019

Yangon, treni, bella gente e cultura



Che giornata meravigliosa! Ieri sera con Christine avevamo deciso che oggi saremmo andate alla stazione per prendere un treno che viaggiasse lungo la periferia di Yangon, quando mi sono svegliata l'ho trovata pronta e dopo aver fatto colazione eravamo pronte a partire.


Si è aggiunta Keiko, con un suo connazionale giapponese, molto pratico della cittáa che ci ha fatto da cicerone guidandoci per le stradine di Yangon, molto pittoresche e colorate. Cosí mentre lui camminava, noi lo seguivamo, chiacchierando e osservando tutto ció che avevamo intorno: palazzi, negozi, gente che in mezzo alla strada cucinava e costruiva baldacchini.


Abbiamo subito notato che pur essendo soleggiato, non è umido e la temperatura é gradevole e fresca. Abbiamo attraversato una strada e camminato lungo un portico fino a vedere dall' alto di un ponte la stazione e le rotaie con alcuni vecchi trani giapponesi in attesa.
Il nostro treno non si é fatto attendere molto, abbiamo comprato un biglietto per 200 kyats andata e ritorno per tutto il giorno.


Il treno ha le panche sui lati della carrozza, cosí in mezzo ci sono tanti venditori di frutta e verdura con tutte le loro ceste e Keiko ha comprato un mango verde dal sapore stranissimo, un pó dolce e molto aspro. Era terribile da mangiare perché a tratti era buono ma per lo piú ti faceva strizzare la bocca e gli occhi da quanto era acidulo..un'esperienza davvero ridicola!


Sul treno abbiamo notato che la gente del Myanmar usa mettere in faccia una crema di color giallo chiaro, fatta con estratti naturali, per proteggere la pelle dal sole, é tremendamente caratteristica, quasi tutti hanno il volto pitturato, i bambini soprattutto, e Keiko, quando siamo scese dal treno, ha pensato bene di farsi pitturare il volto da alcune donne, mentre io facevo foto ai bambini affacciati alle finestre di un treno in attesa e gli regalavo cuori di stoffa, e Christine girava per la stazione a fotografare una vecchia radio rossa in legno.


Essendo quasi ora di pranzo abbiamo deciso di ritornare a Yangon e abbiamo fatto un altro bellissimo viaggio tra verdure, frutta e bambini bellissimi. Le persone qui sono amichevoli e super ben disposte. Scese dal treno sono stata avvicinata da un ragazzo di Mandalay, a nord, dove ci sono i templi piú belli e visitati del Myanmar, cbe si complimentava per i miei tatuaggi. Portava in mano una scatolina di plastica forata con dentro un microscopico coniglietto bianco.


Ovviamente Keiko é andata in visibilio, cosi ci siamo fermate a parlare con lui e ci siamo scambiati i contatti per quando ci troveremo a Mandalay e Thurain, questo é il suo nome, ci ha promesso di farci da guida.
Ci siamo fermate in un localino lungo la strada, con le tipiche seggioline da bambini all' aperto, e Keiko ha ordinato per tutte una zuppa tipica birmana chiamata Muhinga, con spaghettini e cipolline, davvero deliziosa.
Abbiamo pagato 600 kyats a testa, circa 34 centesimi. Sedute sulle micro sedie abbiamo conversato a lungo sulle differenti culture dei nostri paesi e ivi ho scoperto che le geishe camminano con i piedi rivolti verso l'interno, perché il kimono che indossano non permette loro grandi movimenti e nel tempo, il loro incedere é diventato simbolo di grande eleganza. Cosi anche le ragaze in generale, imitano seppur lievemente la loro andatura.


Abbiamo cosi proseguito fino al mercato dove ci siamo messe alla ricerca del miglior negozio di Longyi, la gonna tradizionale che vestono uomini e donne, esclusivamente in cotone. Abbiamo scoperto proprio accanto alla zona dei ristoranti, al piano strada, un minuscolo bugigattolo sotto una scala, con una giovane venditrice molto carina e professionale, che con pazienza e simpatia ci ha mostrato tutte le texture presenti. La prima  a comprare, come sempre é stata Keiko, io e Christine abbiamo prima voluto scandagliare tutto il mercao prima di riconoscere che il suo negozio era il migliore.


Durante una pausa rinfrescante abbiamo consumato un succo di ananas fresco io, un caffé freddo Keiko e un pseudo Nesquik per Christine, che in Asia é conosciuto come Milo ed é sempre a marca Nestlé. Sul resto di 200 Kyats ho scritto il mio nome e fatto firmare con i loro ideogrammi le mie nuove amiche, cosí nel corso della giornata abbiamo collezionato gli autografi di altre persone con cui ci siamo intrattenute a parlare.



Siamo quindi tornate sui nostri passi e insieme alla ragazza delle Longyi, abbiamo trovato il suo vecchio padre, che abbiamo iniziato a chiamare "PAPA", al quale abbiamo strappato un prezzo ancora piu basso e che dopo svariate foto insieme ci ha accompagnato lungo la strada per raggiungere la Shwe dagon pagoda.
Felici e sorridenti dalla bellissima conoscenza abbiamo raggiunto il tempio, dove si entra con le scarpe in mano.


Lunghi gradoni costeggiati da due coccodrilli di cemento e svariati negozietti portano all' ingresso, ma dietro richiedta del pagamento di una tassa turistica di ben 10.000 kyats, quasi 6€, ci siamo indignate e abbiamo fatto dietro front, convinte di non dover pagare per visitare un luogo di culto! Questo é sacrosanto..in nessun tempio si paga l' ingresso in Asia, anzi, spesso ho letto in altri paesi che chiedere soldi per la preghiera manda dritti dritti all'inferno!


Siamo tornate all' ostello per salutare Christine che partiva e io e Keiko abbiamo bevuto un paio di birre locali veramente buone. Mentre brindavamo, tra un "kampai!" e un "salute!", ho scoperto che Cin Cin é una parola giapponese che indica il membro maschile, perció mai urlarlo a squarciagola in un bar! D' altro canto mentre Keiko traduceva il tutto al suo amico Ono, il vecchio giapponese pratico di Yangon, lui ha ripetuto svariate volte Suka Suka, che significa "lo so!" cosi gli ho suggerito di non proferire tale parola in pubblico in un locale italiano e siamo andati a pari!


Come spesso accade in mia presenza, si finisce a parlare di tatuaggi, visto soprattutto lo stile tipicamente manga che mi porto addosso e che i giapponesi apprezzano particolarmente e Ono mi ha raccontato che anticamente, cinesi e giapponesi usavano tatuare la gente per apporre su di loro un marchio diffamatorio. Persone colpevoli di reati, che venivano tatuate differentemente in relazione al loro crimine. Esistevano diversi stadi di punizione; per esempio chi si macchiava di un reato veramente grave veniva marchiato dal collo alla vita, percio ció simboleggiava l' uccisione del corpo, mentre avere la fronte tatuata, era sinonimo di una punizione più lieve. Le braccia venivano tatuate con tante linee quanti erano i reati. Molto tempo dopo, avere tatuaggi ha cambiato il suo significato ed é stato preso a modello dalla Jakuza, la famosa mafia giapponese, per dimostrare forza e sopportazione del dolore. Persino i fori ai lobi delle orecchie era poco popolari perché rappresentavano una violazione del proprio corpo. Tutt'ora in giappone ci sono bagni termali interdetti alle persone tatuate, perché essendo essi ad appannaggio della jakuza, la gente non ama trovarli in luoghi tanto intimi quanto sono i bagni termali, dove ci si reca per rilassarsi ma anche per concludere affari.
Io e Keiko abbiamo infine deciso di uscire per cena e siamo incappate involontariamente in una manifestazione religiosa che occupava un' intera strada, cospara di tappeti e una lunga passerella adorna di petali di rosa.


Su un palco un religioso buddista recitava strofe che la gente, seduta in preghiera ripeteva fedelmente, é stato molto interessante soprattutto perché la ragazza a cui abbiamo chiesto lumi ci ha detto che si svolge una volta all' anno ed é molto sentita. Il monaco ha poi sfilato tra la folla prostrata sotto un ombrellino bianco e in fretta la strada é stata sgombrata dai tappeti e spazzata dai petali.
Poco piu avanti ci siamo sedute in ristorante dove abbiamo gustato altri piatti tipici, serviti da un simpatico ragazzo di nome Meikhant, che ci ha tenuto compagnia, finché un' altro bacarozzo ha fatto la sua comparsa vicino a Keiko.
Finora questo si é rivelato il segnale decisivo per abbandonare il campo e sto iniziando a pensare che si tratti di scarafaggi telecomandati...si potrebbe pensare di utilizzarli anche noi in Italia per allontanare i clienti piú stoici che si attardano al tavolo..se non fosse che da noi tripadvisor é ormai cosí determinante..!

mercoledì 30 gennaio 2019

Genova - Milano - Phu Quok - Yangon


29 Gennaio 2019

Eccomi di nuovo all' alba di una partenza, un bagaglio sempre piu piccolo ad ogni nuovo viaggio, una paura sempre piu grande finchè non é il momento di andare..poi il gelo si trasforma quando ormai non c'é piu tempo, e lascia spazio alla curiositá.
Colazione sul mare, a Sturla, in dolce compagnia, con il sole che illumina le onde e il cielo indaco che ritaglia i contorni dei palazzi..le teste immerse nei pensieri mentre gli occhi si fissano verso l'infinito ad inseguire recenti ricordi..poi é l' ora del treno..intercity 666 direzione Milano.


Prendo con calma la navetta per Malpensa mentre cerco di catturare ancora qualche raggio di sole, prima di chiudermi nel mondo artefatto dell'aereoporto e delle sue luci sempre a giorno.
Check in in 4 minuti, controlli in anticipo e mi imbarco. Il volo scorre tra film e testa che ciondola, qualche turbolenza mi fa sudare freddo ma alle 11 del giorno dopo atterro a Phu Quok, Vietnam, per lo scalo tecnico, dove l' aereo si riempie di anziani e famiglie italiane di ritorno dalla vacanza all inclusive Alpitur.


Ridecolliamo e finalmente é il mio turno di scendere. Faccio comunella con due toscani che in una settimana voglio fare il grosso delle tappe che io copriró in 28 giorni, limite massimo del tempo concessomi dal visto che ho pagato 50 dollari, compilando il form online del sito governativo.
Li saluto e mi dirigo davanti all' uscita 3 della struttura degli arrivi, dove ferma il bus YTB rosso, che per 500 kyats mi porta a pochi metri dal mio hostello.
Si chiama Merchant 501 e pare sia costruito in un edificio coloniale storico, é molto carino dentro, quindi mi sistemo e faccio subito conoscenza con Keiko dal Giappone.


Mentre parliamo di vino, di tannini e Arena di Verona, arriva una nuova ospite, Christine da Hong Kong chre si appassiona al nostro discorso e prende parte attivamente alla conversazione. Keiko dopo un' ora e una manciata di ginevrine alla violetta raggiunge nella lobby un suo connazionale per cenare, mentre io e Christine usciamo per perlustrare la zona alla ricerca di qualcosa di commestibile.


La strada non é molto illuminata e sotto il marciapiede rialzato, ci sono banchetti di uova, verdure e pollo cotto su spiedini di legno. Ci fermiamo nel posto che ci sembra piu accettabile tra i pochi incontrati e ci viene incontro una ragazzina con le guance coperte da una crema di colore giallo a base di estratti naturali. Ci mostra un menú in inglese molto poco descrittivo, cosí ordiniamo indicando la foto di un pollo agrodolce
in bocconcini posta sopra la cucina aperta ( perche dire a vista avrebbe reso un' immagine troppo elegante) , accompagnato da una ciotola di riso bianco.


Come sempre in Asia le bevande non sono contemplate, ma ci portano una tazza di brodo, che non potendo dividere, rimane integra.
La cena termina quando Christine, voltandosi vede sul pavimento una blatta gigante che la punta e corre verso la sua seggiolina. Io per fortuna ho gia finito da un pezzo, perció paghiamo e alziamo le tende. Sulla strada del ritorno si paralizza inorridita, facendo sobbalzare anche me, a causa di un rattone che sbuca da una mattonella bucata. La prendo per mano, attraversiamo la strada semi buia e raggiungiamo in fretta l' hostello.


 Ora che siamo al sicuro possiamo conversare amabilmente con gli altri ospiti senza sentirci lo stomaco aggrovigliato dalla vista della fauna locale.
Per oggi é tutto..domani, con la luce del giorno sarà tutto nuovamente interessante.

sabato 26 gennaio 2019

Breve presentazione di una nuova avventura #newtrip #flying #travelblog #travellingbear #readytogo




26 Gennaio 2019

Io e Cesare siamo pronti a ripartire, torniamo in Asia dopo un break durato 50 giorni, tra festeggiamenti natalizi e troppe visite osteopatiche per alcune discopatie alle vertebre cervicali.
Abbiamo tentennato non poco, troppo doloranti per sentirci in forma per affrontare un altro lungo viaggio, preoccupati per la situazione politica e repressiva attuale della Birmania, contrari a fingere di non sapere cosa accade, mentre ci immaginavamo a vagare entusiasti tra immense e innumerevoli Pagode. Poi ci siamo posti la questione sotto un altro punto di vista:” ..ma il tuo fine, o Cesare, non era quello di portare un messaggio di amore universale in giro per il mondo? La Birmania ha bisogno di amore, tanto amore..!” E così ci siamo decisi, abbiamo fissato la data e nel giro di pochi giorni saremo di nuovo in viaggio. Destinazione Yangon..o Rangoon. Per lasciare un segno in terra birmana del suo messaggio di amore, in questo periodo così cupo della storia dell’umanità, Cesare mi ha trasformato in una sartina instancabile..o più realisticamente in una cucitrice non retribuita di piccoli cuori di stoffa e nastrini, ripieni di ovatta, che immaginiamo di regalare lungo il cammino e di lasciare come ex voto in luoghi di culto, dove possano parlare all’anima delle persone. Cesare è un gran sognatore, ma qualcuno ci ha detto che il pensiero positivo fa miracoli e noi vogliamo crederci, che non costa niente e scioglie quelle fastidiose tensioni interne che ci attanagliano lo stomaco e ci spingono a lasciare le sicurezze di casa per perderci nel mondo alla ricerca di risposte.
Se avrete voglia di seguirci anche in questa avventura ci farà senz’altro piacere e se ci dedicherete un pensiero (positivo) o un saluto ogni tanto, ci renderà anche più felici e fiduciosi in noi stessi.
Per ora vi salutiamo, per ritrovarci tra qualche giorno, pronti a scoprire un nuovo orizzonte.