domenica 3 agosto 2014

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La scorsa settimana ho iniziato un secondo lavoro, tutte le mattine dalle 11 alle 15 lavoro al bar del monumento di Quarto dei Mille, da cui nel 1860 partì la spedizione di Garibaldi  verso Marsala, per annettere il Regno delle due Sicilie, in mano ai Borboni, a quello che poi sarebbe divenuto lo stato italiano. Dalla terrazza del bar riesco a vedere Sturla e il ristorante dove lavoravo la scorsa estate, e pure Boccadasse dove lavoro adesso la sera, ho tutti i "miei posti" sott' occhio! Quando l' ho raccontato giovedì a cena al mio amico Matte, lui si è girato verso Giadina, la sua compagna e le ha detto " lo vedi che chi vuole lo trova lavoro?", apostrofando il mugugno generale di cui parlavo qualche post fa, questo mi ha inorgoglito parecchio.


Questa storia dello scoglio dei mille poi mi è iniziata a turbinare in testa tra immagini che credevo di vedere e voci che pensavo di sentire..cioè, non è che sono pazza e sento e vedo cose che non ci sono, però spesso mi succede di immaginarmi delle situazioni, vivere delle scene che per vari motivi non posso aver vissuto e a volte è così vivida l' immagine, o così forte in me l' immedesimazione che penso di sapere esattamente cosa devono aver provato o addirittura inteso i protagonisti con gesti ed espressioni. Vabbè si, un pò pazza magari lo sono...fatto stà che sto pensando di andare a Marsala.


Allora mi sono messa a ristudiare la storia della spedizione dei mille e passo passo mi sono segnata su un libricino tutti i luoghi toccati da Garibaldi e i suoi, comprese le date. Ora, avendo tempo e soldi, sarebbe bellissimo prendere un battello e cercare di fare la stessa tratta, ma purtroppo, a parte che non partirebbe certo dallo scoglio di Quarto,e poi, di far tappa a Talamone e Porto Santo Stefano, a meno di non dirottare la nave, non se ne parla! E comunque da Genova le imbarcazioni che partono si fermano a Palermo, quindi niente da fare..la spedizione è già bella che andata in vacca! Allora ho pensato al treno, quanto mi piacerebbe fare un viaggio di notte che attraversa tutta l' Italia, dormire nelle cuccette e svegliarmi attraversando la costa campana, poi entrare col treno in un battello e vedere la Sicilia che si avvicina dal ponte della nave..ma anche così oltre a perdere tempo, la spesa è comunque superiore che prendendo un' aereo Genova-Trapani e allora mi sto convincendo che è inutile cercare di resistere al progresso.
Certo, mi piacerebbe avere abbastanza soldi a disposizione da partire da Genova in macchina o in moto e piano piano scendere per vedere come cambiano i panorami e gli accenti, (e i sapori!) ma ahimè, non sono nata ricca possidente e tutte le belle esperienze me le devo guadagnare..fanculo!
Mi piacciono le cose alla vecchia maniera, ebbene si, hanno un chè di poetico che si sta perdendo e questo mi rende triste,  quando un prodotto buono, viene convertito in scala industriale, perchè tutti ne vogliono e ne devono godere, ecco che cambia e io divento triste. Attenzione, non è perchè non è più elitario o sconosciuto il mio rammarico, è solo che il sapore cambia perchè una cosa che prima veniva fatta a mano perchè sopperiva a una richiesta contenuta, diventando desiderio di molti subisce un processo diverso, e ci saranno macchine che faranno il lavoro al posto di mani, e alcuni ingredienti cambieranno per ottimizzare le spese, visto che bisognerà rientrare di quelle sostenute per l' acquisto delle macchine..quando un luogo che era poco frequentato inizia ad essere conosciuto e si riempe di gente, perde il suo fascino e io divento triste. Quando le piccole botteghe, i ristorantini, gli alberghetti, le spiaggie, gli spettacoli, i libri, i musicisti, i cibi, i formaggi, le cose tipiche i paesi diventano più grandi, si perde quel sapore "del piccolo", quel pregio del "fatto a mano", e io divento triste. La cosa che mi rende più triste in assoluto è sapere che ci saranno sapori che non gusterò più, perchè non si faranno più così, perchè costa ormai troppo farli alla vecchia maniera, perchè chi li faceva non c'è più e chi gli è subentrato crede di essere più furbo e cancella per sempre una tradizione, o perchè la sua motivazione non è la passione ma è il denaro. E tutto diventa piatto e inconsistente, tutto insapore e piatto perchè costa troppo continuare a renderlo unico. Ma è quell' unicità che ci ricorda quello che siamo stati, ed è l' omologazione del prodotto che ci rende senza memoria. Quanti di noi ricordano momenti d' infanzia grazie ai sapori? Non è mortalmente triste quando metti in bocca qulacosa che ricordavi con un preciso sapore per poi scoprire che non è più lo stesso? Non è una terribile sconfitta scoprire che un posto dove andavi con piacere non esiste più?
Quando ero piccola, ogni tanto con mia mamma si andava in centro, in realtà, finchè non ha ripreso a lavorare perchè ormai eravamo grandi, mia mamma ci ha sempre portato molto in giro a me e a mia sorella, non eravamo sempre in casa come i bambini di adesso, anche se i cartoni animati li conoscevamo tutti e le sigle le sappiamo cantare per intero ancora adesso, mia madre compresa!
Quando da Piazza De Ferrari scendevamo in via Luccoli per vico del Fieno, si andava proprio a sbattere contro la vetrina di un bar con le piastrelle gialle, che aveva sul banco un enorme vascone d' acciaio pieno zeppo di bianchissima panna montata. Io adoravo quel posto, anche perchè, non riconoscevo mai il vicolo e quando mi trovavo davanti quella vetrina era sempre una sorpresa. Quella visione sublime di quel vaso di panna mi faceva felice e ogni volta mia mamma mi dava la gioia di comprarmi un krapfen che mi facevo imbottire fino a scoppiare, era talmente pieno che l' apertura del krapfen non era mai a 45°, ma ad angolo retto! Quando più grande, da sola sono ripassata di li, forse ancora un paio di volte sono riuscita a godere di quel piacere, anche se il fatto che non fosse più la mamma a comprarmelo ne modificava già in parte il ricordo, il sapore era sempre quello, ma non era lo stesso. Poi un giorno mi è venuta voglia di dolcezza, di tornare a quei ricordi e a quell' entusiasmo che si ha da bambino e che a tutti ci piacerebbe rivivere, ma il bar non c'era più, o forse aveva venduto ad altri, non ricordo, fatto sta che il vascone di panna non c'era più, e con lui i miei ricordi.

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