giovedì 12 luglio 2018

Primo giorno a Madrid: il Prado, il Buen Retiro e Il Giardino delle delizie di Bosch, un desiderio che si avvera #madrid #spagna #spain #espana #elprado #museodelprado #paseodelprado #bosch #giardinodelledelizie #gardenofearthydelights #art #culture #painting #artist #goya #museum #pradomuseum #parquedelbuenretiro #buenretiro #capitalcity #mytravel #traveldiary #mearoundtheworld


Appena apro il portellone laterale del Voyager di Antonio, mi rendo conto che il viaggio sarà più comodo del previsto; la vettura ha i sedili asportabili e siccome viaggiamo solamente in 3, c'è tantissimo spazio per il mio zaino, per le mie gambe (anche se non sono straordinariamente lunghe) e per la mia privacy, visto che conducente e secondo passeggero viaggiano davanti. Mi accomodo bella soddisfatta sulla mia poltroncina imbottita e vellutata e il viaggio può cominciare. Ci aspettano circa 4 ore prima di arrivare a Madrid, e visto che sono appena le 9, posso concedermi anche un pò di riposo aggiuntivo. Il realtà poi, guardare fuori la campagna circostante, alla ricerca del famoso toro nero della Osborne già citato nei post precedenti, è diventato ormai un obbligo di cui non voglio privarmi!


Antonio è giovane, da quanto appreso sull' App di Bla bla car al momento della prenotazione del passaggio, 32 anni, ha la pelle chiara ma allo stesso tempo tendente al caramello, due occhi verdissimi e i capelli neri. Lo osservo riflesso nello specchietto e il taglio dei suoi occhi mi appare intenso, sottolineato, come se avesse il kajal, come se fosse un sangue misto, un discendente di qualche lontano avo arabo. Gli chiedo lumi sul passato della sua famiglia, è facile essendo cordobese che si siano intrecciate le razze, ma purtroppo non ha notizie in merito, anzi, sembra non essersi accorto fino ad oggi di avere le caratteristiche che gli attribuisco..eppure io le vedo così chiaramente..
Quando arriviamo in prossimità della puerta de Alcalà, Antonio mi racconta che siamo giunti a Madrid da quella che era un tempo l'accesso principale della città, circondata dalla cinta muraria.


Qui si controllavano gli accessi e si riscuotevano i dazi doganali. Si accede poi a Plaza de la Indipendencia dove comodamente seduta posso ammirare il magnifico Palacio de Comunicaciones che sovrasta la piazza. Antonio mi indica la strada per raggiungere il bellissimo Parque del Buen Retiro e mi deposita a pochi minuti dal mio ostello che si trova in una stradina interna dietro la Gran Via, centro nevralgico della città. Mi registro alla reception della mia nuova casa che odora ancora di pittura fresca e mi ributto in strada piena di curiosità.


Sono all'ingresso del quartiera Chueca, un barrio vivace e molto trendy, una volta malfamato e decadente adesso rinfrescato, vivace e tollerante verso la cultura gay. Prima di partire in esplorazione mi concedo un pasto cambogiano molto piacevole in un ambiente curato e rilassato, poi percorro il vicino Paseo del Prado per scoprire l' ubicazione del Museo che non sto nella pelle di visitare.



Il sole è ancora alto e passando davanti all' edificio posso raggiungere in pochi minuti uno degli ingressi del Parque del Buen Retiro, dove trascorrere qualche ora in tranquillità, estasiata dai bei giardini, dai prati all' inglese e dai sentieri ombreggiati.



Passeggiando senza fretta arrivo all' Estanque, un lago artificiale dove piccole imbarcazioni si dondolano placide tra la calura di questo Ottobre ancora estivo, tra spruzzi e gridolini divertiti provenienti dai gruppi di giovani che si danno battaglia.


Poco distante incontro il Palacio de Cristal, un' elegante struttura in metallo e vetro che ospita una bella mostra in cui l' artista in questione ha tracciato sul pavimento impermeabile nomi e scritte con l' acqua. L' effetto è sorprendentemente bello. Sotto un grande albero alle spalle del Palacio, un quartetto d' archi si esibisce per il pubblico del parco.



Intorno alle 17:30 decido che è arrivato il momento tanto atteso di trovarmi a tu per tu con i quadri di Bosch e scendo al Museo per scoprire, con somma gioia, che dalle 18 fino alla chiusura l'ingresso è gratuito! Mi sistemo in fondo ad una coda interminabile che fa il giro del palazzo, dubbiosa sulla possibilità di entrare in tempi brevi, invece, scoccate le 18, la fila si muove rapidamente e in 10 minuti sono dentro..non resisto a tergiversare per le stanze perciò chiedo subito indicazioni ad un guardiano che mi mostra il percorso per raggiungere i quadri di Bosch. Il giardino delle delizie è preso d' assalto e guida alla mano mi concentro quindi prima sul Trittico del Carro del fieno, pregustando il momento in cui potrò ammirare il grande capolavoro per cui sono arrivata fin qui.


Ciò che mi colpisce maggiormente è vedere i colori così brillanti ed accesi, sicuramente frutto di recenti restauri. Non posso non provare invidia pensando ai fortunati che per mesi hanno potuto ammirare privatamente e da vicino i minuscoli dettagli, l' originale inventiva e creatività che caratterizza i mostri e demoni raffigurati nelle più disparate rappresentazioni, intenti nello loro strambe sevizie e torture dedicate alla triste umanità che affliggono senza posa. Ci sono talmente tanti particolari e dettagli da guardare, analizzare, sviscerare che bisognerebbe poterci passare delle ore davanti, senza nessuno che si accalca dietro e pretende il suo attimo di stupore. Ogni espressione ambigua dei personaggi pare trasmettere messaggi all' osservatore, ogni posa, costume, sguardo, è singolo, facendo parte di un unico grande dialogo che non viene espresso a parole ma che arriva dritto alla sensibilità comunque. Anche la scelta degli animali, dei volatili, ad un tratto diventa chiara e lampante: l' upupa, seppur graziosa ed elegante lascia trasparire la sua "calunniata" fama, dato il contrasto tra il suo aspetto appariscente e il suo comportamento in natura, per il quale gli si attribuisce un nido sporco e maleodorante, "costruito con escrementi umani", supponeva Aristole, "uccello immondo per le cose di cui si ciba", gli faceva eco Plinio, "di fuori è bellissima e con magnifiche penne si acconcia ma è nata dallo sterco e in esso vive e muore e da quello si ciba per nutrirsi" risponde il Bestiario moralizzato (XIII secolo), la Civetta, simbolo dell' errore e del peccato, sono infatti i peccatori ad essere paragonati a questi uccelli notturni,"che preferiscono vagare nell' oscurità delle loro colpe..fornicazione, impurità, impudicizia, idolatria" dice Esichio.


Il maiale come il cinghiale compare più volte nella sfrenata giostra di questo "giardino": il maiale si rotola nel fango e nella sporcizia come il peccatore sguazza fra i vizi e i piaceri della carne, come il suo frugare costantemente per terra senza alzare mai il grugno ne fa l' immagine di quegli uomini che non levano il loro sguardo verso Dio, preferendo ascoltare i richiami incessanti del proprio ventre. "Sono come stalloni ben pasciuti e focosi, ciascuno nitrisce dietro la moglie del suo prossimo" tuona Geremia, "sono chiamati cavalli quelli che vanno pazzi per le donne, dediti a promiscue relazioni sessuali" rincara la dose Didimo, "l' amore lascivo è come un cavallo senza freni" dice Iacopone da Todi..ecco che Bosch ben conoscendo questa tradizione allegorica, inscena una frenetica cavalcata in mezzo al giardino delle delizie, di uomini nudi su equini impetuosi e altri strani quadrupedi. Ci sono talmente tante situazioni in questo finto paradiso da perderci gli occhi, un tripudio di vizi e peccati di vario genere, tra lussuria, gola: uomini che si fanno nutrire da uccelli, come pulcini nel nido..potrebbe sembrare lo scenario di un paradiso terrestre, dove l'uomo vive in armonia con la natura..ma è davvero così?!Bosch dipinge un mondo dove regna l' eccesso, la frenesia, la mancanza di equilibrio. L'uomo no n ha più il ruolo che il Creatore gli ha assegnato nell' Eden, di "dominare sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra", l' uomo fatto a immagine e somiglianza di Dio non appare più come il vertice della creazione, ma è una creatura come le altre, al pari delle altre e in certi casi addirittura inferiore.


Abbandono il campo, infastidita dalla maleducazione che regna nella sala più che dall' oppressione dei corpi che vogliono il loro posto davanti alla tela, che io ricordi una volta i musei erano luoghi silenziosi, di cultura e concentrazione, mentre oggi si parla ad alta voce, ci si profonde in schiamazzi e spesso e volentieri si cerca di fotografare le opere con gli onnipresenti cellulari.
Al piano superiore mi imbatto in una stanza dedicata alle pitture nere di Goya che tanto mi avevano affascinato al liceo e che non ricordavo più fossero custodite qui al Prado, mi "imbalsamo" davanti alla cruenta rappresentazione di Saturno che, per paura di essere spodestato dalla sua stessa progenie, la divora allucinato e al Sabba delle streghe nel quale si distimgue chiaramente un nero capro dalle corna ritorte, un Satana terrificante che arringa una folla di adoratrici terrorizzate o assorte. Dopo la fitta settimana culturale trascorsa a Venezia dove è iniziato il mio viaggio alla riscoperta di Bosch sono un pò più abituata e meno vulnerabile ai capolavori dei grandi maestri, già abbondantemente apprezzate, ma rimango irrimediabilmente colpita dalle grandi tele di un pittore estremamente realistico che non conoscevo, che utilizza colori molto accesi che rendono i suoi quadri vere e proprie "fotografie". Il nome corrisponde a Juan Bautista Maìno(1578-1649), spagnolo ma di evidente formazione italiana, di ispirazione caravaggesca pare influì sulla formazione del giovane Velazquez.
E' quasi orario di chiusura e mi riaffaccio un momento al giardino delle delizie per un' ultimo fugace sguardo, mentre consulto il mio libro davanti alla tele incuriosisco un inglese che vuole saperne di più sull' opera che stiamo ammirando, gli spiego alcune delle figure più appariscenti e inizia ad appassionarsi. Va a finire che lasciamo il museo insieme, chiacchierando di simbologie e allegorie medievali e ci ritroviamo nella Gran Via in un attimo, ci troviamo in sintonia e c'è ancora molto da dire, perciò, scoperta una birreria molto frequentata tra il suo ostello e il mio, ci fermiamo a bere qualche cagna e a parlare di viaggi. Si fanno le 23 che neanche ce ne accorgiamo e arriva il momento dei saluti, giacchè Johnny domani parte per il Portogallo mentre io devo iniziare a scoprire altri lati di Madrid. Così, ciondolando faccio ritorno all' Open Hostel dove mi infilo nel mio loculo e tiro la tendina fino all' indomani mattina.

Nessun commento:

Posta un commento