giovedì 8 maggio 2014

Ciao...

Questo post non avevo voglia di scriverlo, in realtà non avevo voglia di scriverne più, ma intanto se non scrivo, il cervello mi si riempie comunque di parole, perciò facciamolo, andiamo avanti perchè la vita non si ferma, non la mia.
Non so spiegare come ci si sente quando un pezzo di noi si stacca e ci lascia, quando qualcuno che abbiamo sempre saputo essere li, ad un certo punto va via per non tornare. So soltanto che è tremendamente brutto che succeda se sei dall' altra parte del mondo e non puoi fare niente per essergli accanto, non la puoi vedere, non la puoi sentire, non le puoi parlare, sai solo che sta succedendo e sei inutile, tu e la tua sofferenza oltreoceano. Tutto quello che mi sembrava irrinunciabile si trasforma in uno stupido capriccio egoista di chi non ha ancora imparato a crescere e vuole continuare a credere nel mondo migliore, e il mondo reale mi arpiona di sorpresa con violenza , per riportarmi ad aprire gli occhi.. mi sembra di sentirne il sibilo e poi la punta  si conficca nel fianco e ogni volta penso al secondo prima, quando tutto era integro mentre un attimo dopo è tutto lacerato e sanguinante. E allora tutto mi sembra stupido adesso, e colpevole, come se fosse la punizione per essermi allontanata da casa, se esci dal sentiero pretracciato ne pagherai le conseguenze. In rari momenti di lucidità vedo la follia dei miei pensieri, e mi chiedo da dove mi venga tutto questo timore ancestrale..la morte è naturale, arriva inaspettata, non c'è colpa, non c'è responsabilità e bisogna accettarla come la accetta chi se ne va, però mi mancherà il modo in cui lei mi raccontava le cose, ha iniziato quando io e Splaffy eravamo piccole, con la storia di Pierino e il lupo e con La bambina golosa, dopo pranzo ci dava un cucchiaino di caffè, (che tra le altre cose è consigliato quando si vuol far fare il pisolino a una bambina iperattiva!) e ci mettevamo tutte e tre nel suo lettone, aspettando che lei cominciasse a raccontare. Ogni volta la stessa storia, ma ogni volta era come se fosse la prima, e come la interrompevamo se cambiava anche solo una virgola! Ogni volta doveva usare le stesse parole, la stessa enfasi e allora aspettavamo con ansia la descrizione di quel naso rosso di lupo che spuntava da dietro le fronde degli alberi, quella è stata la nostra prima esperienza di thrilling, ed era come guardare un film horror. Impossibile addormentarsi dopo! Col passare degli anni ha sempre usato lo stesso stile, quando mi raccontava delle frasi epiche di Sofia, la mia cugi-nipotina, cambiava le voci per caratterizzare i peronaggi e come se la rideva, batteva le mani, con le sue unghie sempre curate, con quelle lentiggini sul dorso, i suoi anellini, sempre quelli da tutta la vita, quegli orecchini che ormai le avevano allungato i fori dei lobi, la permanente, i ricci biondi, perchè lei non andava dalla parrucchiera, andava dalla " pettinea", e mentre tornava da via Napoli, magari si fermava un pò dalla Rosanna in quella bella boutique, come la chiamava lei, "e me sun accatà sta bursetta che nu me accattu mai ninte", e invece aveva l' armadio pieno di vestiti, e borse e scarpe. L' anno scorso, dopo un giorno intero di suppliche mi ha finalmente mostrato le foto di quando era giovane..l'ho sentita raccontare mille volte dei suoi abiti che si faceva confezionare dalla sarta, perchè un tempo usava così, mi diceva, e dopo anni di descrizioni dettagliate di stoffe e pieghe e balze finalmente ha avuto voglia di tirare fuori la scatola di metallo in cui le conservava e ci siamo passate un pomeriggio tra tubini, chiffon, cappellini e viaggio di nozze in Italia. E come mi faceva incazzare quando mi criticava per come mi vestivo...mmm, poi però un secondo dopo le veniva in mente qualche altra avventura nel quartiere da raccontarmi e le tornava la voce ridanciana. Il giorno prima di partire sono stata a trovarla e chissà perchè le ho fatto un video col cellulare, che avevo passato sul computer prima che mi finisse nella cascata..il mio ultimo ricordo di lei. Adesso ogni tanto lo guardo, prima di addormentarmi in un letto di qualche ostello, in questo paese lontano da casa, i suoi occhi blu, le macchie della pelle, il segno di quella cicatrice sul labbro che ha avuto per anni e poi si è fatta togliere, ma che io rivedo ancora. Passerò sotto la sua finestra, e la rivedrò sempre affacciata al balcone, come quando mi aspettava per pranzo dopo scuola, o come quando me ne andavo da casa sua e le dicevo "resta dentro che fa freddo" e puntualmente la trovavo li ad aspettare che sbucassi dal portone per salutarmi con la mano. Quell' anno che mamma e papà ci hanno lasciato andare a Biella con lei e ci  faceva le foto mentre ci provavamo i salvagenti per andare al lago di Viverone, e una volta li, tutte bardate contro l' annegamento, non potevamo staccarci dalla riva perchè ci terrorizzava con la storia dei vortici e delle correnti. Tutti i natali passati insieme, il caruggetto che facevamo per andare da casa nostra a casa sua in Oregina, la strada del barazzetto che portava al cimitero dopo cena nelle sere d'estate. I suoi baci con schiocchi assordanti, il batuffolo di ciniglia intinto nel borotalco da passarsi sulla pelle dopo il bagno caldo, i suoi rossetti nel cestino di vimini sul primo ripiano nel mobiletto del bagno, la gassosa sempre nel frigo e la focaccia che scongelava e mi scaldava nel fornetto ogni volta che andavo a trovarla, anche se avevo mangiato dieci minuti prima, i torcetti, i fidellini al pomodoro che ci preparava a pranzo, le stoviglie e i bicchieri con i fiori azzurri. I suoi nomignoli che mi appioppava quando mi salutava, Ciccia, Pucciola, e tutte le volte che parlando si confondeva e mi sparava una sequela di nomi prima di imbroccare quello giusto.. Ci,Vi, Chia...ohmmm..Vale! La stessa cosa che faceva mia nonna, che fanno mia mamma e mia zia Viviana, e che spero di fare anche io un giorno, per portare avanti la tradizione di questa famiglia di donne stupende e forti, brusche ma con tanto cuore. Ciao zia, fatti vedere nei sogni qualche volta.


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