domenica 10 aprile 2016

Diario di una presunta esperienza lavorativa in quel di Gran Canaria


Gran Canaria _ Las Palmas Aprile 2016

Lasciamo Bergamo con il classico cielo plumbeo e l' aria odorosa di terra concimata intrisa, per atterrare circa 4 ore dopo sulla più tonda delle isole canarie, con un clima anche peggiore. Dopo aver illusoriamente sorvolato una soleggiata Fuerteventura, scivolando con gli occhi dalle sue pendici brulle fino ai porticcioli sul mare, ci avviciniamo virando a quella che sarà la nostra patria per i prossimi tempi. Sulla durata dei quali non ci è dato sapere.

Il clima ci demoralizza da subito, il vento che tira anche di più, e noi non siamo granchè equipaggiati per affrontarlo. Abbiamo gli zaini stracarichi di maniche corte e gambe nude.Ci sistemiamo nella camera del nostro ostello e usciamo in perlustrazione, visto che il viaggio dall' aereoporto alla capitale ci ha mostrato, in sequenza, la zona industriale, quella dei grandi complessi commerciali, casermoni colorati che si inerpicano fin sui monti tutti appoggiati gli uni agli altri come a sorreggersi per non capitombolare a valle come cubi senza controllo.Ci imbattiamo nel parque di Santa Catalina, oasi di Las Palmas, non l' unica ma la più vasta forse. Una grande piazza pedonale tagliata in due dal passaggio della Guagua, la linea degli autobus cittadini, alberi, panchine, aiuole fiorite e tendoni come vele, sotto i quali si riparano dalla pioggia nebulizzata, tavolini di vecchietti che giocano a domino.
Ci fermiamo a mangiare lungo la passeggiata che sovrasta la playa de las Canteras, un cameriere italiano ci da le prime dritte. Ora siamo in bassa stagione, lavoro in zona ce n'è poco, ma qualcosa si può trovare nel centro storico di Triana e Vegueta, più interni e più riparati.


 Il giorno dopo andiamo a perlustrarli e lascio il mio primo curriculum ad un ristorante italiano.
Il giorno successivo ritorniamo per battere ancora la zona, ma il clima infame dà l' impressione che nessuno avrà voglia di accomodarsi nei dehors delle caffetterie e dei piccoli ristorantini che animano le traverse della Calle Triana. La sera il cellulare squilla per tre volte e in pochi minuti prendo accordi per il mio primo giorno di prova. Mi presento come concordato alle 11 ma i titolari non ci sono, al loro posto un bislacco personaggio con l' accento romanesco, un pò scoppiato, un pò derelitto, si presenta come quello che sta aiutando i proprietari a tirar su il locale, data la sua competenza in materia. Italiani fastidiosi all' estero parte I.


Io detesto l'italiano all'estero. Ha quel costante modo di porsi come se ne sapesse sempre più degli altri, quel fare da "arrivato",da sopravvissuto, che è qui da prima quindi è sempre un passo avanti, qualsiasi cosa tu sappia fare lui la fa meglio e da più tempo, si è fatto da solo, ha visto girare più soldi che il casinò di Saint Vincent, ha gestito i meglio ristoranti dell' isola, ma..adesso è finito qui, in una bettolina di 40mq compresi cucina, magazzino, bagno e dehor.

 Fino alle 15 non entra un cane che sia uno, ne approfitto per smontare tutto il bar che è uno schifo, disordinato è il primo aggettivo a cui ho pensato appena sono passata al di là del banco, (che non ha pedana, al posto della classica linea di sportelli refrigerati in metallo ha 4 frighetti da gelati con apertura superiore in cui sono state lanciate o fatte cadere alla rinfusa decine e decine di birre di qualsiasi marca e provenienza, e un lavandino posto ad un' altezza da terra di 50 cm nascosto sotto il banco, dove anche lavare una singola tazzina può compromettere la colonna vertebrale per sempre) poi ho capito che era un eufemismo. Mi convinco che oltre a essere porto franco, zona economica speciale, paese con iva al 7% e benzina a 0,83 cent. al litro, Gran Canaria gode anche di una politica sui controlli igenici molto più blanda della nostra, perchè altrimenti questo posto avrebbe chiuso prima ancora di attaccare l' insegna!


Comunque, dopo il suddetto mazzo che ha interessato una minima parte del delirio presente, vengo liberata fino alle 18 per poi fare ritorno e prestare servizio fino alle 23 passate. Si susseguono avventori attirati dalla musica dal vivo in strada che rallegra il vicolo, inizio a trottare e quindi a divertirmi, molti sono clienti italiani, qualche spagnolo, pochi inglesi, soprattutto donne.


Più passa il tempo e più osservando il personaggio e i proprietari mi rendo conto che l' italiano all' estero è così: male imbelinato, approssimativo, ma piace. Piace la chiacchiera, il gesticolare che invita ad entrare, il suggerimento su cosa assaggiare, e alla fine, il romano diventa il top della ristorazione made in italy, con la sua aria da "mi arrangio", con i suoi capelli lunghi e disordinati, il suo muso pronunciato e gli angoli della bocca tirati verso il basso, lui che non sorride mai ma non gli manca la voglia di chiedere agli avventori da dove vengono, che attività hanno, magari cercando nuovi sbocchi per la sua permanenza sull' isola. Si muove tranquillo, mi ordina birrette e spritz, mentre dalla cucina escono pizze decongelate e cotte in un fornetto elettrico, che alla fine riescono persino ad essere belle e invitanti.

Un gruppo prende linguine allo scoglio e io osservo saltare in padella i frutti di mare col pomodoro fresco, aggiungere la pasta precotta e trasformare un rettangolo di ceramica bianca che fino a poco prima era vuoto, in un piatto allegro di colori e profumi che potrebbe uscire dalla cucina di un vero ristorante e non da questo buco piccolo e senza attrezzature. E invece è così, miracolo italiano all' estero. La regola del mi arrangio vince sulla mia indignazione di professionista seria. Il tutto mi stupisce e mi abbatte, so che non voglio adeguarmi agli standard, eppure riconosco chi sono i veri vincitori. Alla fine di tutto, quando sto per mollare la mia indignazione per dare una possibilità a questa gente, vengo retribuita con 35€! Saluto con un addio per sempre, non mi avrete.

A nulla servono i salamelecchi sulla mia bravura, o i tentativi di farmi credere che in altri locali paghino anche meno per le stesse ore. Prima regola: occhio ai connazionali sfruttatori, Seconda regola: da domani ci si informa prima su orari e compensi. Torno in ostello che mi fumano le orecchie.



1 commento:

  1. A parte che questi sono italiani furbi come sempre, ricordi che gli schiavisti vengono di li? I peggiori schiavisti. Attenta non farti fregare e abbattere. Si può cambiare zona no? Stefano Mirra è ben sistemato a Fuerte Ventura, Fatti sentire. Tanti baci

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