lunedì 9 gennaio 2017

Il nostro viaggio nel cuore delle Ande, lungo il Canyon del Colca, tra cammelidi, condor e malas noches #arequipa #canyon #colca #peru #condor #llama #vigunas #alpaca #mujeres #andes #soroche #maldaltura #vertigo #landscape #folklore

Alle 8 del mattino, un pulmino ci passa a prendere in ostello per portarci dritti nel cuore del Canyon del Colca, uno dei più profondi al mondo creatosi non per erosione come altri, ma da una faglia del terreno. Ci inerpichiamo su per le colline passando svariate tipologie di paesaggi, dalle distese rocciose, alle brulle pampas costellate di ciuffi di vegetazione, tra cui facciamo il primo avvistamento di Vicunas, selvatici cammelidi delle Ande che si contendono la zona con i Guanacos, più schivi e diffidenti.
Le razze di cammelidi domestiche invece, sono i Lama e gli Alpaca da cui gli Indios ricavano preziosa fibra tessile per indumenti. La loro docilità è affascinante e toccarne il manto morbido fa ritornare bambini. Il tempo minaccia pioggia per tutta la giornata e mentre continuiamo a salire i primi sintomi di Soroche, il mal d' altura, iniziano a manifestarsi: giramenti di testa, stomaco che gorgoglia e reclama di svuotarsi, vertigini e debolezza. Ci fermiano in un microscopico pueblo dove beviamo mate de coca, un infuso di foglie di coca per combattere lo stordimento e ci scambiamo racconti di viaggio con due nuovi amici milanesi, Filippo e Gaia che stanno spendendo il loro viaggio di nozze in Perù da cinque giorni prima di noi.
L' autobus prosegue salendo fino all' altezza massima di 4.910 metri dove anche il movimento semplice di scendere per scattare una foto si presenta arduo per quanto l' aria sia rarefatta. Lo sforzo di infilare la giacca per non bagnarsi diventa epico. Io avendo mal vissuto la tratta in bus da Ica ad Arequipa, nonostante viaggiassimo in un lussuoso e confortevole bus Cama, con tanto di sedili reclinabili di 160°, schermo privato, cuscino e coperta, ho preventivamente iniziato ad assumere il Sorochipill da ieri e la mia soffferenza si limita all'affaticamento nei movimenti, ma Puddy che per i Peruani è Alicio, non sembra passarsela ugualmente bene. Quando prende la sua capsula ormai è tardi.

Si aggiunga a ciò che arrivati a Chivay, la nostra base per la notte, si scofana il mondo al buffet che ci hanno propinato per pranzo, tra stufato di Alpaca, frittelle, riso e chissà cos'altro. Ci ritiriamo nel nostro hotel senza riscaldamento e ci infiliamo sotto le coperte per recuperare un pò le forze. Per cena facciamo una conoscenza un pò più approfondita dei nostri compagni di viaggio; ci sono una nonna, una mamma e una figlioletta peruviane che viaggiano insieme per il paese, una coppia di coniugi Cileni molto simpatici, una ragazza danese che ha vissuto a Cuzco per due mesi lavorando in un asilo, poi Angelica, peruana di mezz'età che viaggia sola e ama le danze tradizionali tra cui ballare sulle note de "El condor pasa", quando gli intrattenitori della serata la rapiscono dal tavolo e la bardano con sombrero, gonna piroettante e bolerino. Siccome siamo un poco disturbati prendiamo solo due sopas e due jugos de Pina y Papaya, ma nonostante ciò, Alicio vivrà comunque la sua peggior nottata della vita riducendosi ad un cencio grigiastro.
La levataccia delle 5:30 lo schernisce crudele dalla sveglia del cellulare e scommetto che maledice di trovarsi a 3.500 metri per provare ad avvistare i detestabili condor che molto probabilmente non si faranno nemmeno a vedere! Ci infiliamo sul bus con facce funeree mentre scopriamo che anche altri viaggiatori hanno visitato ripetutamente le rispettive latrine nella notte. Anyway, oggi c'è il sole che fa capolino tra la nebbia e la strada verso il Mirador Cruz del Condor è meravigliosamente verdeggiante e ricca di animali al pascolo.

Alle 7 ci fermiamo nel primo piccolo pueblo che ci accoglie lungo la ruta, dove intorno ad una fonte di pietra in mezzo alla piazza principale, al cospetto di imponenti montagne, alcune bambine ballano una danza propiziatoria in abiti tradizionali. L'ubicazione di questi villaggi, queste bianche costruzioni nel mezzo delle Ande, così imponenti e incombenti toglie il fiato dalla bellezza dei contrasti cromatici, antiche pietre, da cui sono state estratte cattedrali che si stagliano su cieli azzurri quando la nebbia si alza e lascia spazio al sole caldo, i colori esplodono sul petto delle donne andine nei maglioni fatti a mano, nei bardamenti dei lama candidi come la neve, che placidi accompagnano la vita della comunità, nei lunghi capelli corvini intrecciati e legati insieme da ponpon di lana. Meraviglie del Perù. Il mirador non ci regala sorprese rispetto ai pronostici, nonostante le correnti calde siano favorevoli al volo e la nebbia si sia posata sul fondo dell' orrido. Passeggiamo con gran fatica lungo i sentieri che costeggiano il bordo del rim, un drone ispeziona le gole senza successo, si ammira il panorama indescrivibilmente suggestivo.
Nonostante l' attesa non c'è traccia del condor e un pò abbacchiati torniamo ad occupare i nostri asientos sul bus, scambiando occhiate dispiaciute in direzione di Angelica che tanto ci aveva sperato con la danza propiziatoria della sera prima, quand' ecco che Jesus el conductor, se para en el medio de la calle al grito de "Condoooooor". Balziamo sulla carreggiata armati di cameras e assistiamo all' arrivo e alla vuelta del gallinaccio sopra le nostre teste, unici testimoni dell' imponenza della sua apertura alare. Gira e gira, tra il cielo bianco e la montagna di fronte a noi, ne arriva un secondo, e poi un terzo, il maschio con la cresta che lo distingue dalla femmina, l' adulto col piumaggio nero ad esclusione del collo e del bordo delle ali che lo distingue dal piccolo, sotto gli otto anni di età perchè ancora interamente marrone.

Angelica ha lo sguardo fiero e annuisce soddisfatta mentre tutti le rivolgiamo un prevedibile "el condor pasò"! Io e Puddy saltiamo il pranzo e ci prepariamo alla discesa ad altitudini più consone, tra distese verdi e zone brulle dove le torrette di pietre degli andini la fanno da padrone, tramandando fino a noi, antichi culti e reverenziali forme di saluto alle montagne che ci hanno accolto regalandoci ricordi indimenticabili.

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