martedì 12 marzo 2019

Kanazawa - Takayama il trenino della neve tra panorami montani e corsi d’acqua


10-11 Marzo 2019

Appena scesa alla stazione del paesino di..Kanazawa, mi rendo subito conto che ci saranno un sacco di cose da vedere e questo mi mette di buonumore, perché ho sempre paura di scegliere mete poco interessanti..qualcuno potrebbe obiettare sul perché io non mi informi a dovere prima...sacrosanto..peró, ultimamente, mi piace questo mio viaggiare cosi, alla caz de chein, senza comprare guide, senza un itinerario preciso..viene comodo quando non si hanno problemi di tempo..
E quindi Kanazawa mi piace già, poi quando vedo che meraviglia è l’ostello in cui passerò la notte, dopo la pessima trascorsa a Nara, sono ancora più ben disposta. Guardo il cielo dove il sole non riesce a fare capolino tra le nuvole, e tra le tante opzioni, decido che è meglio visitare i giardini Kenroku-en al più presto, perché potrebbe peggiorare. Prima però una ricarica di zuccheri alla pasticceria di Mizuki, per affrontare la giornata con grinta!


Il nome Kenroku-en, ovvero “giardino dei sei attributi” o “delle sei sublimità” si riferisce alle caratteristiche che un perfetto parco dovrebbe avere, secondo un antico scritto: spaziosità e intimità, artificio e antichità, corsi d'acqua e panorami.



È davvero molto vasto e molto vario, con sentieri, ponticelli, scalinate, alberi in fiore, una casa da thè che ha circa 200 anni, la fontana (sacra) più antica del Giappone, che secondo una leggenda fece affiorare in superficie,  frammenti d’oro, contribuendo a battezzare la città col nome di Kanazawa, palude dorata.


Mi impegno a girarlo tutto, passando per ogni sentiero, scovando ogni passaggio, non tralasciando nessuna deviazione. Giro più volte intorno ai laghetti, per cogliere ogni riflesso delle pagode sull’acqua, mentre gli alberi, imbragati contro il peso della neve, sembrano tante marionette o vele spiegate al vento. Il castello vicino si raggiunge con un ponte soprelevato, è imponente, ma non così interessante, soprattutto perché dentro è vuoto e rivestito completamente in legno, ma troppo sterile e moderno. Molto meglio fare un giro gratuito nel giardino limitrofo, che sembra progettato col gognometro..e con tutta probabilità è proprio così!


Inizia a piovere e fare foto, tra zaino, ombrello e fotocamera diventa impegnativo, meglio prendere posto al banco del Ramen, per una bella risucchiata in compagnia, tra versi e contro versi, guardando
Otashi-Sama (il suffisso San sarebbe troppo confidenziale!) mentre rotea le scodelle nel brodo per farle scaldare, scola gli Udon (spaghetti) e guarnisce con fette di maiale arrosto.



La mattina seguente, come da copione, piove, faccio un giro lungo il quartiere delle Geishe che è sempre invaso dall’ orda turistica degli ovvi, quelli che vanno sempre a vedere i posti numeri uno sulla lista dei Must Do di ogni luogo! Faccio un giro veloce perché tanto non c’è verso di poterselo godere e invece, a sorpresa mi ritrovo sola nel quartiere Tera Machi, dove resistono molte abitazioni originali in legno dell’epoca dei samurai. Quando poi lo scarponcino destro si inzuppa per l’ennesima volta, torno a prendere il bagaglio, saluto Pon dalla memoria di ferro, che stamattina mi ha accolta, come le avevo insegnato con “Buongiorno, hai dormito bene?” e vado alla stazione. Prendo lo Shinkansen (treno proiettile) fino a Toyama, poi un treno diverso, più piccolo e color acciaio per Nagoya, che mi lascerà a Takayama.


Ora, quel suffisso Yama..se c’è una cosa che so da quando sono bambina, è che sono fortemente intuitiva. Quando la sigla del cartone Mademoiselle Anne ( perché sti francesismi?!) chiamava il Monte Fuji, il Fujiyama, io avevo intuito che non potevano essere uno l’abbreviazione dell’altro, anche perché sull’atlante il monte Fuji era sempre e solo indicato come Monte Fuji, quindi, quel Yama, doveva per forza essere la parola giapponese per dire “monte”. Bene. Ora, di grazia, perché se una cosa la sai da quando hai 8 anni, quando ti trovi vicino alle montagne, e ti va di culo che a Kanazawa, che suona già molto profeticamente come Canazei non fa freddo..perché, dico io non ti viene in mente che se la tua prossima meta si chiama Takayama, forse stai andando a finire sulle Alpi giapponesi?!


 Ecco. E quindi, bello il viaggio sul trenino tra le campagne, quando però lungo la strada non fai che vedere neve, neve, neve..beh cara mia te lo sei meritato. E in più piove, abbondantemente  piove e tu hai una giacca da primavera in moto e un piumino smanicato. E la tua scarpa da trekking destra ha già fatto filtrare acqua. Sale il terrore. Fortunatamente in montagna il tempo cambia velocemente, e dopo una galleria inizia a intravedersi la luce del sole che combatte contro una cortina di nubi. Mi rincuoro. Forse non sarà così freddo, e poi comunque è una notte soltanto! Domani si va verso la costa! Alla stazione di Hida-Furukawa c’è pure un bel drappello di persone che vuole salire sul treno e non sembrano così attrezzati per il polo. Promette bene..e probabilmente Takayama mi regalerà persino dei bei ricordi, anzi magari i migliori del mio viaggio!


E infatti non mi sbaglio, il mio ostello è ancora una volta superfigo, l’host mi indica cosa fare e parto subito per visitare la città vecchia, dove ci sono antiche dimore, ma soprattutto distillerie di sakè con vendita diretta, perché a quanto pare quello di Takayama è il più rinomato di tutto il Giappone. È facile riconoscerle, mi dice, li riconosci dal sugidama appeso sopra l’ingresso (una palla di foglie di cedro), quando lo vedi, significa che la produzione è pronta e si può degustare. E infatti scelgo quello con la palla più grande e trovo un carinissimo che invece di 2 assaggi, me ne da 4, visto che sono interessata a capire la differenza tra dolce, secco, alcool puro e il top quality.



Ovviamente tanto basta per darmi alla testa, visto che sono le 4 del pomeriggio e la torta di stamattina  è ormai un lontano ricordo! Vado a smaltire la mia alticciaggine lontano dagli sguardi turistici, lungo il sentiero Hingashiyama che passa attraverso una decina di templi, bellissimi, ma soprattutto DESERTI!! Dopo due scalinate, un ponte e un cartello attenti agli orsi mi sono già ripresa, soprattutto perché..ATTENTI A CHE?! ORSI?!? Ma dico, scherziamo?! Oh no..Cesare..ecco che arriva la sbronza triste..come ci sarebbe stata bene una foto con un orso vero insieme a Cesare..!! Basta, non sono venuta fin qui in montagna per farmi sbranare da un orso nipponico, è ora di provare qualcosa di nuovo, qualcosa di estremamente giapponese...è ora del bagno pubblico nell’Onsen!



E come la mettiamo con l’ingresso vietato alle persone tatuate, perché nelle sacre acque dell’Onsen non vogliamo corpi violati e deturpati e nemmeno avere il dubbio di bagnarci insieme ad un affiliata della  Yakuza..?! Arrivo all’ingresso e informo la signorina che è la mia prima volta, lei mi ringrazia e si inchina, poi mi accompagna agli spogliatoi e mi fa prendere visione delle regole comportamentali: non schiamazzare, non portare nell’onsen il cellulare, prima di entrare nelle vasche lavati con acqua calda, se hai capelli lunghi gestiscili perché non diano fastidio alle altre bagnanti (questo Onsen è separato uomini e donne, altri no), non indossare asciugamani, se hai una brutta giornata non entrare nemmeno, se hai bambini controlla che non scassino le balle, non tenere atteggiamenti che oltraggino il pudore altrui, non occupare le vasche troppo a lungo, ovvero, fai spazio anche alle altre. Niente sui tatuaggi.



Mi da una micro pezzuola e se ne va. Mi guardo intorno, nudi integrali. Oh beh. Nella sala interna ci sono circa 30 postazioni con panchetto di legno, rubinetti a pressione e i meravigliosi catini di legno da rovesciarsi addosso, proprio come nei fumetti di Ranma!! Ci sono tutti i prodotti possibili per la cura e igiene del corpo. Ci si siede li e ci si lava, poi si entra nelle vasche ad alta temperatura, oppure si va fuori all’aperto dove c’è una piscina tra le rocce, con cascatella e pietre liscie su cui sedersi o sdraiarsi, è tutto pulitissimo e molto curato. Sto un po’ immersa tra le rocce, con la pezzuola sulla testa come nei cartoni animati, poi vado a fare il rito del bagno, perché mi piace troppo questa idea del bagno pubnlico, che dopo una giornata intesa ti prendi il tuo tempo e vai a coccolarti e a rilassarti. 



E lo fanno proprio tutto, anziane signore, ragazze che se ne vanno con kimono, mamme coi bambini..e io..la mafiosa italiana venduta al clan giapponese..anche se quando l’inserviente arriva a dirmi che non posso vagnarmi ho già bello che finito..e comunque lei non parla inglese e io non devo far altro che guardarla con gli occhi persi di chi non capisce cosa gli stanno dicendo. Dopo 7 volte di: Tattoo..Japanese..no..close..no thank you.. e braccia a croce, arriva con un asciugamano e me lo mette sulle spalle. Il tutto con una cortesia e una gentilezza impeccabili.
Concludo in bellezza con una bistecca al sangue di Hida, il manzo nero giapponese allevato per più di 14 mesi in queste valli.


Come da ordinamento..copio:” Si da questo nome solo ad un manzo il quale ha avuto la conferma dall’Ufficio Consiglio di promozione Marchio Hida-gyu di essere classe A oppure classe B come grado di rendimento e 5°, 4° e 3° grado di qualità di carne valutata con la classificazione di carne implementata dalla Japan Meat Grading Association.” 
Lo chef ama l’Italia..ha riprodotto lo stivale su una parete..Anami a luglio viene alle Cinqueterre..
















Nessun commento:

Posta un commento