lunedì 26 ottobre 2015

#SanCristobaldelasCasas #2300mt. #Ninos #Indios #pioggia e #sole #Messico #Mexico #CanondelSumidero #Sumidero

20 de Octubre
llevamos de Palenque hasta San Cris
22 de Octubre Canon del Sumidero y llegada a Tuxtla

A mezzogiorno lasciamo Palenque con un OCC (Omnibus Cristòbal Colòn) diretto sui monti del Chiapas, destinazione finale: San Cristobal de las casas.
Dalla cartina le distanze sembrano contenute, ma basta allontanarsi di poco dal deposito degli autobus per cominciare a salire affrontando curve su curve tra la selva.

Passeremo le prossime 5 ore in territorio zapatista,
dove nacque la rivolta del subcomandante Marcos e dove ancora è attiva la presenza dell' esercito di liberazione nazionale, il famoso EZLN tanto caro ai nostri centri sociali che si fregiano della sua sigla senza però viverne le condizioni. 
Incontriamo natura selvaggia e villaggi al limite della
nostra comprensione. Dai finestrini, mentre procediamo lungo il percorso, guardiamo gruppi di persone che ci guardano passare, per strada, accanto a capanne di legno, o in bottegucce senza pavimento, dove si vendono l' immancabile coca cola, e altre porcherie confezionate.

I bimbi vestiti tutti uguali, con le divise fornite dalla scuola, escono a frotte da rettangoli di cemento con poche finestre, con il nome dipinto sulla facciata. Cani randagi in mezzo alla carretera, l' autista è obbligato a dare di clacson continuamente per farli spostare. Continuiamo a salire, i bambini camminano sulla strada, mentre fuori piove. Sembrano non curarsene. Altri villaggi lungo il percorso, su alcune grate di ferro arrugginite, di quelle usate nell' edilizia, stanno piccole magliette e calzoncini stesi ad asciugare,
che adesso si bagnano ancora, gli uomini lavorano lungo la strada, gruppi di ragazzini a lato dei rallentanti ci guardano passare, l' autobus sube y sale, mentre il monitor proietta Hercules.
Si procede piano. L'autista suona il clacson e ferma la mano in aria, con un gesto di monito, in direzione di un bimbo in piedi sul ramo di un albero, lui in risposta gli mostra il dito medio, i pochi che hanno assistito alla scena ridono. L' acqua cola sul vetro a cascate mentre la luce diminuisce. Arriviamo a San Cristobal che è quasi buio, la temperatura è più che fresca.

Nelle stanze delle posadas non c'è riscaldamento, ci domandiamo come si attrezzino per l'inverno,
quando le temperature si avvicinano allo zero. Le  indigene Lacandòn scese dai villaggi vicini per mercanteggiare, girano per le strade offrendo coperte e maglioni tradizionali, vestite di gonne nere di pelliccia ispida, ai piedi infradito. I bambini portano al collo cassette di legno con caramelle e cìcles. In testa cappellini colorati con i paraorecchie. Nella cattedrale la gente recita orazioni rivolta alle teche e alle statue dei santi, un padre schiaffeggia in testa il suo figlio adulto
con un mazzo di basilico odoroso, mentre ripete una litania in una lingua che non ha niente  a che fare con lo spagnolo.

I bimbi Lacandòn fuori in strada restano zuppi nei loro vestitini, una mamma sfila e strizza il cappellino del suo bimbo più piccolo, poi glielo calca in testa con un' espressione che sembra dire "questo hai, e te lo devi tenere così, perchè altro non c'è".
Terry si incazza col mondo, occhi gonfi e la rabbia di non poter fare molto di più. 
Viaggiare aiuta a crescere, è tutto quello che mi riesce di dire, spesso anche attraverso quello che ci fa male vedere, quello che non vogliamo accettare, ma che non possiamo cambiare.
Probabilmente sono tutte chiacchiere, per cercare in qualche modo di mettere a tacere quella parte dentro di me che si contorce, ma che non sa che cosa
fare, per continuare a girarsi dall' altra parte senza sentirsi complici e cinici pensando a quello che abbiamo lasciato a casa e di cui ci lamentiamo di continuo.
Viaggiare e vedere, conoscere e raffrontare, cercando di non cucire addosso alle persone infelicità e sofferenze che non sappiamo se
provano. Se la vita vissuta è sempre stata questa, se non se ne conosce altra, se andare via non è mai stato contemplato, se le regole non scritte
del pueblo sono sempre state quelle..cosa mi da il diritto di pensare che questa vita sia sbagliata? Cosa mi fa credere che la mia sia migliore?
Perchè occupo da sola una casa che qui normalmente si dividono in 8-10 persone dormendo accalcate sulle amache per tenersi caldo?
Perchè ho la facoltà di riempirla di cose inutili pagate con il mio tempo? Cosa sono i soldi se non tempo, tempo sprecato lavorando per poter
acquistare cose che non mi servono veramente. Tempo che non posso riavere, e che avrei potuto spendere diversamente. Lavorare per il tempo, e impiegare il tempo guadagnato in conoscenza. Del mondo in cui vivo, andando a conoscere la parte in cui non sono nata, per fortuna o per sfortuna. La pioggia ci butta giù, camminiamo, poche parole, un centro culturale allegro e attivo ci regala un pò di quiete nell' animo, un bel giardino circondato da quattro lati di passerella in legno scuro, ogni passo una porta che nasconde un piccolo universo di creatività..alcune chiuse, altre ci permettono di sbirciare.

Il teatro dei burattini, la stanza donde se toca la guitara, la stanza di incisione, col tornio costruito a mano sul progetto del professore, la stanza dove si filano i tessuti con il telaio, lo xilofono gigante nel cortile, con le bacchette appoggiate sopra che ti invitano a provare e un quaderno su cui riporto le note dell' inno alla gioia che visto che non lo so suonare almeno ci pensa il maestro e mi sento un pò a casa.
Una bimbetta che rastrella le erbacce che il nonno ha tagliato intorno ai fiori, tra cespugli a forma di elefantini.
Di nuovo in strada, di nuovo pioggia, in lontananza una scala che si arrampica in collina e porta all' ennesima chiesa in cui rifugiarsi. Quanto stupore pretendi che possa tirar fuori in un posto come questo, con un tempo come questo.
Mi addormento infreddolita mentre parlo con mio nonno e gli chiedo di intercedere per un pò di sole, che so che sa essere convincente. Mi sveglio cercando la luce e trovo anche le nuvole che si sfaldano, sono le 7 e mi va di correre fuori.
Ripercorro strade già imboccate 100 volte e che adesso sembrano altre, vedo brillare colori di facciate che fino a ieri erano spente, il cielo esplode tra i tetti acceso e pulito anche se ho ancora paura che le nuvole tornino presto. Penso al programma della giornata. E' quella giusta per il Canon del Sumidero, corro a dirlo a Terry.
Un colectivo, 40 km, Chiapa de Corzo, imbarcadero, aspettiamo di riempire la lancia, poi si va.

Pareti di roccia a picco, su cui si aggrappa la vegetazione si allungano verticali a toccare il blu emergendo dal verde, rapaci neri sopra le nostre teste, girano e girano, aironi appoggiati ai tronchi d' albero che galleggiano sulle acque di fango ci guardano impassibili. La lancia si impenna e sfrecciamo tra le gole, tutti fasciati nei giubbotti salvagente. Cormorani si alzano in volo disturbati dal nostro passaggio. Un coccodrillo avvistato, 4 scimmiette su un albero, una cascata scivola sinuosa dalle rocce, una più alta viene giù dritta come un velo, un' altra rimbalza sulle falde larghe di un vestito di muschio. Il sole. Dio..il sole che ci cuoce ma non ci lamenteremo mai più se ci farà l' onore di rimanere con noi fino alla fine del viaggio. Ci avviciniamo ad un immenso cumulo di spazzatura galleggiante, la guida giustifica la presenza di migliaia di bottiglie di plastica adducendo la colpa alle recenti piogge, che avrebbero convogliato qua tutta la "basura" proveniente dalla strada...mmm..
davvero improbabile per poterci credere.
Ci rassicura dicendo che il personale apposito si stà già premurando di ripulire il corso d'acqua. Io e Terry osserviamo in silenzio tre lance che galleggiano tra i rifiuti, ognuna ha un' equipaggio di tre uomini, che prelevano una bottiglia alla volta della superficie dell' acqua per depositarla sul fondo della barca..ottimo lavoro ragazzi, di questo passo per il 2025 forse ce la fate..beh no, considerando che la gente, e non la pioggia, continuerà incurante a liberarsi dei suoi rifiuti impunemente, forse nel 2025 le visite al Canon si faranno guadando la rumenta!
Me li immagino gli imbarcati che al posto del giubottino salvagente verranno equipaggiati con ombrellini per proteggersi dai cumuli di bottiglie alzate dalle velocità della lancia.

Poi arrivano i pellicani, che in stormo ci seguono abbassandosi e alzandosi sul pelo dell' acqua in una danza sincronizzata. Il Canon si allarga e le pareti si dissolvono in acqua e ora siamo in un vastissimo lago circondato da prati e colline verdissime. La diga della centrale elettrica frena la nostra corsa, i messicani in vacanza si comprano anguria con chili (ma perchè?!) e birra in lattina per il viaggio di ritorno, da una barchetta a cui ci siamo affiancati. Il sole continua a splendere, Terry sembra aver abbandonato il grugno da pioggia di questi giorni. Il buon Cella ce l' ha fatta anche stavolta e io non avevo dubbi sul fatto che ci riuscisse. Continuerò a chiedertelo ogni giorno, di metterci una buona parola con Chaac, e non mi parlate di Uragani o di Patricias che tanto non ci credo.

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