martedì 5 febbraio 2019

Mandalay istruzioni per l'uso



Per la tratta notturna Yangon - Mandalay, di circa 9 ore, con sosta nel cuore della notte, compagnia di trasporto abbastanza basica, ma bus Vip, quindi sedili piú confortevoli, ho pagato 18.000 kyats (circa 10€), prenotando direttamente tramite la reception dell' ostello. Non mi é riuscito di dormire granché, anche perché il condizionamento era parecchio refrigerante, nonostante 2 richieste di renderlo piu umano. La soluzione sono le coperte a disposizione di ogni passeggero, ma si evince facilmente che non vedono la lavatrice molto spesso.
Verso mezzanotte ci si ferma in un' oasi autostradale, con piu luci di Las Vegas, chiamato Pioneer 115, a metá tra una mega caserma dei vigili del fuoco sempre operativa e un magazzino di Televisori anni 80.
Restare sul bus é vietato, bisogna tutti scendere, cosi le porte verranno chiuse per la mezz'ora della sosta e si farà a gara tra gli stranieri a trovare una panchina libera, mentre i locali si siederanno ovunque gli capiti. Cani di ogni taglia, malridotti e senza padrone, si aggirano per strada in cerca di qualche passatempo o di qualche resto di cibo.
C'é un gran vociare e muovere di mascelle sotto il tetto del ristorante, la strada per i bagni é una lunga peregrinazione mistica dove, purtroppo si assiste a scene che mai si potrebbero concepire, se non in Asia: le mamme calzanti scarpe, lasciano che i bimbi camminino a piedi nudi ovunque, non solo su asfalto e terriccio, ma pure nel putridume di acqua, urina e sporco delle latrine.
Finalmente si risale e il viaggio continua tra il buio dell' autostrada birmana.
Alle 5:30 si arriva a destinazione e si contratta un taxi per raggiungere l'ostello. Non resta che passare qualche ora sul divano della reception aspettando che faccia giorno.


Alle 8:30 salgo alla terrazza sul tetto, dove scopro che Mandalay ha delle imponenti e lunghe mura di mattoni, intervallate da bianchi portali, ornati di decorazioni in legno rosso e ponti che attraversano il fossato che le circonda.
Mi ricorda la cittadella imperiale di Hué visitata a Novembre in Vietnam.
Vesto pantaloni lunghi e freschi e una maglia con le spalle coperte, inutile portare shorts e top per un viaggio in Myanmar, non potreste visitare nessun luogo.
Un' altra ferrea regola é che in ogni tempio, pagoda, palazzo storico, si entra senza scarpe e neanche i calzini sono ammessi, il piede deve essere completamente a contatto con il suolo, che si tratti di piastrelle, terriccio, calce, polvere o pavimento pieno di cacca di piccione, ma ne parleremo a breve.


Esco con l' ombrello da sole e percorro il ponte che mi porta in fronte alle mura sud, il soldato che presiede la zona, mi avverte che devo arrivare alla porta nord per entrare, quindi intraprendo la passeggiata e osservo i lavori lungo il fiume.
Pago il biglietto di 10.000 kyats (meno di 6€) che comprende anche la visita ad un paio di attrazioni della cittá di Innwa e dura 5 giorni. Percorro il lungo viale alberato che porta al Palazzo, ai lati un muro traforato e non troppo alto protegge le abitazioni di alcune famiglie che vivono all' interno delle mura, subito spuntano le teste di 4 bimbetti sorridenti che mi salutano. 




Converso lungo la strada con una ragazza taiwanese in viaggio con la famiglia, molti asiatici sono in ferie in questi giorni per l capodanno cinese e ne approfittano per visitare i paesi vicini. Prima di entrare nel palazzo mi faccio attrarre da un gruppo di birmani che pranzano seduti in gruppo, vicino ad un monumento che commemora i re del passato. 





Oltre la strada vedo luccicare una bellissima pagoda decorata con un mosaico di specchi. Il palazzo mi accoglie con una bella scala, tolgo scarpe e calze e mi avventuro con cautela all' interno delle strutture, dove vivono, nidificano e cagano svariate colonie di piccioni. Andare a naso per aria non è consigliato in Myanmar! Comunque, l' architettura é molto bella, gli interni sono vuoti, ad eccezione di molte colonne rosse. 



É piacevole camminare senza fretta lungo questi viali delimitati dai palazzi con i tetti di legno, ogni tanto compare qualche struttura completamente diversa, tutta bianca , con obló o finestre verdi circolari, che si specchiano su piscine ormai vuote o putride.
Una torre di babele permette di osservare la cittadella dall' alto.


Il giorno dopo decido di noleggiare uno scooter per raggiungere Amarapura, dove sorge uno dei piú grossi monasteri della zona e pare che vedere le migliaia di monaci che pranzano insieme sia una grande attrazione, io arrivo tardi, perché mi hanno comunque consigliato di visitare il posto, ma non mi sono sentita molto a mio agio, a girare armata di macchina fotografica tra le capanne dei monaci, mentre stendono i loro abiti, lavano le loro ciotole o passeggiano. Giustamente loro mi guardavano incuriositi, i bambini, salutavano, ridacchiavano e continuavano a giocare tirandosi l'un l' altro una pietra legata ad un lungo filo avvolto intorno al tronco di un albero.
Sono andata via dopo pochi minuti, senza scattare foto, perché braccare le persone mi fa pensare ad un safari fotografico, per il quale, ancora, non nutro interesse.
Ho viaggiato lungo una bella strada, mentre gli scooter che mi sorpassavano portavano intere famiglie, il padre alla guida, un figlio seduto davanti a lui tra le sue gambe, la moglie dietro seduta di traverso e il piu piccolo in braccio alla mamma.
Tutti mi guardano e mi sorridono, i ragazzi torcono il collo per ossevare la occidentale che guida come loro, vestita con la gonna, il longyi come loro, maschi e femmine. Attraverso il fiume Irrawaddy lungo un bel ponte, la collina sulla mia destra é piena zeppa di pagode bianche e dorate, non ne ho mai viste cosi tante insieme. Ricordo di aver letto da qualche parte che un giorno, il Buddha Siddharta Gautama, durante la meditazione fece un sogno e quando si sveglió predisse che ci sarebbe stato un giorno, il piú grande regno buddista in queste terre. Che fosse veggente o che il Myanmar abbia deciso di ricoprire questo ruolo, il risultato é davvero affascinante e imponente.


Ma non é tutta meditazione e rispetto: spesso nei templi gli altoparlanti diffondono musica popolare ad alto volume, si vendono abiti e souvenirs e pure cibo. I cani vanno dove vogliono, cosí come i piccioni e la gente parla ad alta voce.
Salendo lungo la collina mi fermo ad una specie di accademia buddista con una bellissima pagoda salmone incastonata di tante statuette, la cima dorata é circondata dal volo di uno stormo di piccioni che brillano nel sole.


Salendo lungo la strada supero un portale sorvegliato da due grossi rospi di pietra, i cordoli bianchi e rossi lungo i lati mi fanno sembrare in un circuito di motogp. La vista degrada fino al fiume in un tripudio di pagode. Quella che visito ha al suo interno due grandi buddha dorati, la gente si inchina fino a terra con le mani giunte, veccbi, famiglie con bimbi bellissimi, coppie giovanissime, che vengono a pregare mano nella mano.
Se il mio primo fidanzatino mi avesse condatta in chiesa al primo appuntamento, avrei sicuramente preso fuoco, oltre che la fuga!
Mentre proseguo la strada vedo un uomo seduto su un alto ponteggio di legno, che a mano Scrive con la cazzuola sul muro fresco una frase o una parola in birmano, tutti i muri che costeggiano la strada sono decorate di iscrizioni tonde ed eleganti come é la lingua del paese, diversa dal thai, dal cambogiano, dal vietnamita.
Salgo una scala ripida che mi porta alle grotte, che contengono ognuna una statua dorata di buddha, gli specchi di fronte aumentano l'effetto moltiplicante, le piastrelle colorate sui muri e sul pavimento in tinte pastello mi ricordano i miei giocattoli plasticosi di quando ero bambina.



Compro qualche mandarino poi scendo dalla collina, mi fermo ad un banchetto lungo la strada che vende occhi di drago, un frutto simile al litchi con un nocciolo lucido e liscio come un bulbo oculare, per chiedere indicazioni, ma la signora crede che voglia  comprate e mi riempie un sacchetto, dicendo "one thousand", rispondo "five hundred" e acconsente dopo solo due tentativi, poi mi conferma che sono sulla strada giusta. É piu complicato qui rispetto al Vietnam, viaggiare con un mezzo privato, le poche indicazioni sono solo in birmano e l' applicazione maps.me, pur funzionando offline, scarica la batteria del cellulare molto velocemente e non posso rischiare di rimanere senza supporto, quando mancano ancora diverse ore al tramonto. In prossimitá di Innwa mi imbatto in una grande struttura quadrata, forse un tempio, forse la base di una pagoda, con grandi nicchie riccamente decorate sulla facciata, forse é stata abbandonata prima della fine, forse si é distrutta piano piano.


Appena mi addentro nel prato antistante, mi vengono incontro u  gruppo di bambini vestiti con colori sgargianti. Sono tutti a piedi nudi e mi balzellano incontro ricordandomi che alla base della scala devo togliermi le scarpe. Guardo la terrazza alla cima delle scale, é piena di pietre franate e sotto il portale c'é un sentiero di terra..come si puó pensare d avventurarsi li a piedi nudi? Tolgo le scarpe e la bimba piu grande, non perdendo la sua serenitá mi fa capire che devo darle 200 kyats per lasciare le scarpe, la prendo in giro, lei sa che non ci casco, lascio le scarpe e salgo le scale. Sto attenta a dove metto i piedi ma é un' impresa.


Anche pensare di rimettere le calze sui piedi sporchi lo é. Faccio qualche foto, fin dove riesco ad arrivare, poi, come in equilibrio sulle uova, ridiscendo la scala. Mi siedo e ora i bambini sembrano volermi rivendere le mie stesse scarpe. Mi metto a ridere, loro pure, e facendogli il solletico gli proibisco di chiedere soldi un' altra volta, loro si divertono e mi vogliono stare tutti vicini, é una sensazione bellissima. Poi un maschietto ha un' idea bellissima, grida "photo!", e tutti gli altri si mettono a ripetere tutti insieme "photo photo photo", d' accordo dico, allora stringiamoci tutti! Allungo il braccio e tutti si pigiano per entrare dentro lo schermo, tranne la piú grande, lei é solida e sicura di se, tiene sulla spalla il suo ombrellino e sorride, bellissima e giá grande.


Si é fatto tardi, ormai sono le 3:30, il telefono é al 20% e dovrei ancora arrivare al pontile, prendere una barca e arrivare a Innwa, il tramonto é poco prima delle 18, perció mi conviene tornare a Mandalay. Davanti all' ostello c'é questo viaggiatore che ho  visto stamattina in terrazza a fare colazione, dalla faccia mi sembra italiano, e per questo non ho avuto voglia di avvicinarlo. Anche lui mi riconosce e finge di fare l' autostop. Gli chiedo dove sia diretto, gia sapendo che non va in nessun posto. Lo faccio salire e lungo il tragitto ci presentiamo, é turco , si chiama Bugra e sta viaggiando da alcuni mesi. Ha iniziato col Nepal, poi si é spostato in Thailandia dove ha fatto il volontario in un monastero e poi é arrivato in Myanmar. Sulle prime sembra un pó snob, ma la conversazione é fluida e piacevole. Facciamo un  giro per la Pagoda che abbiamo raggiunto in cima alla collina dopo infiniti tornanti. Ci posizioniamo per il tramonto e intanto continuiamo a chiacchierare.
Iniziamo a prendere confidenza e rilassandosi la sua espressione cambia. Va a finire che scendendo dalla collina andiamo a cercare un posto dove mangiare. Uno ci piace molto e sono molto carini ma non parlano inglese e il menú é incomprensibile.


A malincuore ci spostiamo nel locale a fianco, un bbq cinese, dove ordiniamo diversi piatti scegliendo tramite le foto e ordiniamo birra Myanmar, esclusivamente in bottiglia per vedere se sotto il tappo abbiamo vinto un premio in denaro.
Dopo diverse ore di conversazione piacevole, satolli, allegrotti, ma ancora poveri ce ne torniamo in ostello dandoci appuntamento per l' indomani quando partiremo dal pontile sul fiume Irrawaddy diretti a Mingun, dopo una breve e pittoresca crociera.

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