domenica 24 febbraio 2019

Moulmein: Buddha Giganti, tramonti e sculture birmane del Mon State



21 Febbraio 2019

Il mio bus per Mawlamyine arriva prestissimo a destinazione, alle 01.30 del mattino si ferma alla stazione. Non si capisce perché i nightbus debbano avere orari cosí infami qui in Myanmar! I mototaxi non mi danno neanche il tempo di scendere che mi sono tutti attorno, ma stavolta scopro con gioia che non ne ho bisogno, infatti a 20 metri, dietro l' angolo, mi trovo davanti l' insegna dell' Old Moulmein Hostel. La porta é chiusa, cosí, a malincuore sveglio Jessica, la proprietaria, che molto amorevolmente mi prepara un giaciglio per queste ore che precedono il nuovo giorno.


Alle 7 sono giá pronta per mettermi in sella e pedali, intanto il check in é alle 14, perció non ha senso restare ad aspettare. La salita verso le pagode mi coglie impreparata. Faticare giá di prima mattina non é il mio forte. In ogni caso, le visite mi ripagano dello sforzo. Soprattutto un' abbagliante e bianchissimo tempio Indú, con bellissime statue che prendono forma ed escono dai muri.


Mi piace notare come le donne rappresentate alla maniera induista siano tutte pettorute, con fianchi sensuali e ondeggianti, in contrapposizione con quelle buddiste, sempre caste e longilinee, anche se, come vedremo, quando si tratta di rappresentare la promiscuitá e scene infernali destinate alle peccatrici, anche i birmani sanno eccedere sulle forme e sulle pose.


Per fortuna la strada é fatta anche di discese, quindi riprendo fiato prima di fermarmi alla Kyaikthanlan Pagoda. Contrariamente a quanto fanno tutti, lo scopriró in seguito, accedo da una scala piuttosto in disuso, arrivo in un grande atrio e mi arrampico sui gradini che portano alla base del tempio.


Al centro del tutto svetta una super pagoda e poi tutti intorno dei begli edifici traboccanti di Buddha dorati. Il panorama é bellissimo, fino al fiume e alle isole vicine. Quando il sole si fa veramente troppo caldo, rientro alla base per rifocillarmi con un buon pranzo a base di spaghetti tipici del Mon State, che a quanto dice la mia host, in questo modo li fanno solo qui. Questo dopo aver a lungo chiacchierato, sedute per terra nel mio mini dormitorio, di quanto siano per me affascinanti i giovani ragazzi birmani. Mi spendo in svariati complimenti sulla loro bellezza, sui lineamenti cosí piacevoli, sulla fisicitá invidiabile e, incredibile ma vero, sull' altezza!


Asiatici bassi, pelati..brutti, rinsecchiti..senza denti..somiglianti ad alieni..a proposito, lo sapevate che l' iconografia classica dell' alieno come siamo abituati ad immaginarlo, o meglio, come ci hanno indotto a immaginarlo, é un' invenzione degli americani? Eh gia! Gli hanno dato sembianze asiatiche perché la gente identificasse gli orientali come nemici..guerra del vietnam, sapete?! Beh in ogni caso i birmani non corrispondono alle caratteristiche sopra elencate..se non altro non le nuove generazioni..e comunque, considerato l'odierno fascino..quasi quasi se ci invadono non é neanche il caso di dispiacersi troppo! Jessica ride delle mie considerazioni e mi ringrazia per le belle parole sulla sua gente, il fatto é che non sono solo parole..nell' ultimo viaggio in bus ho avuto modo di osservare bellissimi ragazzi, alti e slanciati e la cosa che mi é piaciuta di piú, e che non puó lasciare insensibili le ultime romantiche come me, sono i modi che hanno nei confronti delle loro compagne.


Me li vedo giá certi uomini che leggono, a storcere il naso, detto da una che ha passato la sua giovinezza a Genova, quando esprimere i propri sentimenti ad una ragazza era più difficile che compilare la dichiarazione dei redditi, che se capisci che mi piaci smetto di essere il figo (leggi: SFIGATO!) che sono, che qualsiasi atto di gentilezza o favore, costa più fatica che camallare in porto! Ma soprattutto..le seghe mentali che non vi ho sentito farvi; alcune mi hanno segnato indelebilmente..quello con la paura folle di legarsi, "perché magari poi merito di meglio"... quello che ti fa le corna e corre a nascondersi in bagno lasciando la concubina in camera da letto e poi ti minaccia una notte intera al citofono, se frequenti qualcun altro..quello che " ma se avremo un figlio cosa dirá guardando tutti i tuoi tatuaggi?"..Quello che la moglie gli fa le corna, inizia a vedersi con te confidandoti che tra loro é finita, ma poi ci ripensa e tu, rispettando la sua scelta ti eclissi all'istante, peró per lei la zoccola sei tu! Quando in giro c'è gente che Glenn Close gli fa una pippa, e devono cambiare, identitá, paese e farsi un innesto facciale per tornare ad avere una vita normale! C' é da dire che devo averli proprio selezionati ad arte, questi gran pezzi con cui mi sono accompagnata!
Tralasciando le mie considerazioni sul maschio alfa genovese, aspetto che rinfreschi un pó e poi rimonto in sella, stavolta diretta al fiume, che qui non é piú l' onnipresente Irrawaddy, bensí il Tenasserim. Appena svolto l'angolo sul lungofiume, vengo investita da una nube di gabbiani chiassosi.


 É il rito giornaliero delle famiglie locali, che vengono a ingozzare i pennuti lanciando in aria palline croccanti non meglio identificate. I gabbiani ne vanno pazzi. Solo con la fotocamera davanti alla faccia mi sento sicura di non prendere uno schiaffo d'ala in faccia, da quanto volano vicini!
Pedalo per tutta la lunghezza del fiume, rancido e limaccioso. I moletti di approdo si susseguono e vicino agli argini stanno ancorati strani velieri da pesca.


Trovo un buon punto per aspettare il tramonto. Poi, al buio cerco di tornare all'ostello, provando a trovare strade pianeggianti. Invece imbocco la deviazione sbagliata e mi ritrovo sulla strada in salita per arrivare alle pagode piu alte. Poco male perché al tempio Indú tutto bianco c'é una gran ressa con canti e preghiere, tutti in fila vengono riforniti di cibo, acqua e the di benvenuto.


Io non sono ammessa, sono in canottiera, sono occidentale e dovrei togliermi ancora una volta le scarpe. Spingo la graziella su per la collina, finché la strada diventa in discesa. Nel mentre ripenso alle elucubrazioni sulle relazioni e mi rimprovero perché sono caduta nell'errore di vittimizzarmi, di ricordare solo il peggio, quando invece avrei da spendere molte piu parole su tanti uomini meravigliosi, che mi hanno dato e mi danno ancora tanto, a cui sono  profondamente legata, che ho amato e che continuo a voler avere nella mia vita..qualcuno ormai vive all'estero, ma anche a distanza poco é cambiato, qualcun' altro fa il mio stesso lavoro e ci si vede poco,ma si é vicini con tanto cuore, qualcuno molto lungimirante e paziente, mi aspetta sempre di ritorno dai miei viaggi, ogni volta piú lunghi.
L' indomani Jessica mi accompagna a prendere il bus per raggiungere il sito di Win Sein Taw Ya, il Buddha sdraiato lungo 170 metri.
É un autubus locale, cittadino, pieno di tutto quello che ci si puó immaginare..sedili consumati, bambini mezzi nudi, cataste di verdure che ostruiscono il passaggio. Si viaggia con le porte aperte. Nonostante questo ho il mio posto assegnato e l'autista ci tiene ad accompagnarmi personalmente al sedile numero 28. Viaggiamo con le porte aperte. Dopo una trentina di km arriva la mia fermata, proprio davanti all' ingresso del sito. Fa un caldo pazzesco.


Un mototaxi mi porta lungo una strada tutta dritta, con una fila infinita di statue di monaci in fila con il portavivande laccato per le offerte di cibo. Poi appare il capoccione. Nella foga di scattare foto col cellulare mentre ci avviciniamo, faccio partire una chiamata whatsapp a mia mamma. In Italia sono le 03:45!
Mi avvicino al Grande Buddha dal bel volto sereno, non prima di aver presenziato in una foto di due ciclisti locali. L' accesso dal volto é  interdetto, cosí, mentre tutti lo assaltano dalla testa io mi dirigo verso i piedoni.


Entro dal retro e mi avventuro su per le scale, per terra cemento e polvere. Tengo le scarpe fino all' ingresso dell' inferno, dove vengono rappresentate torture orribili, molto cruente ed esplicite. Dopo un bel pó di orrore, le statue lasciano gli inferi per raccontare la nascita di Buddha.



Continua cosí un percorso interessantissimo, lungo 4 piani, tra migliaia di sculture che narrano la vita del grande profeta. Il piano che mi piace di più é il terzo, dove le statue sono ancora bianche immacolate e ricche di fascino come deve essere l' esercito di terracotta. Il paragone solo per sottolineare il numero infinito di corpi scolpiti e modellati, nel silenzio della polverosa struttura che le ospita, dove l'aria sa di calce e ad ogni passo si smuove una nuvola di gesso.


Ridiscendo passando per la testa e attraggo l' attenzione di una moltitudine di bambini che vogliono una foto ricordo con la straniera. Scendo una lunga scala con puntati addosso gli occhi sgranati di un' intera scolaresca in tuta gialla, come sfilassi per Valentino a Piazza di Spagna. Il maestro mi stringe la mano diventando tutto rosso. La folla si apre e io volteggio via col mio vestito svolazzante. Il lancio delle ciabatte si rivela poco aggraziato, ma il grosso dell' attenzione era giá sfumata.


Sono pronta per incamminarmi sotto il sole cocente fino al monastero tra gli alberi, poi mi dico che non ho voglia di fare l' occidentale finto mistica che va ad apprendere le arti della meditazione dietro compenso. Avvicino invece una ragazza che ha tutta l' aria di aspettare un mezzo di trasporto, finalmente riusciró a salire su uno di questi belin di pick up, tanto interdetti ai turisti! Eh gia, sono con una local, perció mi devono far salire. Pago il doppio ma finalmente anche io ciondolo aggrappata alla gabbia del cassone! Mi lasciano davanti alla stazione dei bus e trotterellando mi rintano in ostello.


Nel pomeriggio passeggio per il centro fotografando vecchie glorie dell'edilizia britannica e poi aspetto il tramonto alla pagoda, tra gatti, fotoricordo e un gruppo di vecchi crucchi dagli alluci valghi.

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