lunedì 11 febbraio 2019

Viaggio della speranza Mandalay - Bagan, due giorni in sella con la Cina sul sellino


05 Febbraio 2019

Un autocarro con il cassone adibito a trasporto persone, viene a prendermi davanti all' ostello per portarmi, insieme agli altri viaggiatori, stipati come bestie, alla stazione degli autobus. Ci stá, diciamo sempre che preferiamo fare esperienza diretta di come vivono i locali, nel bene e nel male, eccoci accontentati!
Ci aspetta un autobus giallo, non dei piu moderni e confortevoli, anche un po maleodorante. Per questo trasporto, prenotato tramite il mio ostello, ho speso 10.000 kyats (circa 6€), la ragazza seduta vicino a me 9.000.  Siamo per lo piú stranieri, ma quando crediamo di avere occupato tutti i posti, il corridoio viene dotato di sgabellini extra e a pieno carico siamo pronti a partire.


La distanza tra Mandalay e Bagan é di appena 180 km, le strade non sempre sono asfaltate, si passa per i villaggi, per raccattare a bordo quanta piu gente possibile e cosí, dopo essere partiti in ritardo di 1 ora, inizia un estenuante viaggio a singhiozzo, con raccolta e rilascio passeggeri lungo la strada. Tengo d'occhio l' ora perchè temo che si arriverá ben oltre le 5 ore indicate al momento della prenotazione, invece, con gran sorpresa, le fermate, sono tutte parte di quelle tempistiche, e cosi con solo mezz' ora di ritardo eccomi nel regno di Bagan.


La stazione dei bus si trova a Nyaung U, la zona a nord, piu caotica e piu economica, poi c'è la vecchia Bagan, con gli hotel piú cari e per ultima New Bagan, più tranquilla e silenziosa, ma ben servita. Di tutti i passeggeri, siamo solo in due ad andare a New Bagan, quindi, dopo aver fatto scendere il prezzo del taxi da 12.000 kyats a 8.500, io e una giovane israeliana dividiamo la corsa. A Bagan il servizio Grab non é disponibile. Dopo poco ci si ferma alla dogana dove si paga il biglietto per l' accesso di 25.000 kyats ( 14€ ). Ben presto scopro che chi attraversa la dogana la mattina presto o la sera tardi, la troverá chiusa e come vedremo, potrá girare indisturbato per il sito, con una tassa in meno da elencare alle spese pro-governo birmane.


Il mio ostello cmq é molto carino, col giardino e tutte le porte bianche dei piccoli dormitori che vi si affacciano. Le stanze sono da 4 letti e i bagni sono esterni, come nei campeggi. Stranamente, mentre attraverso il giardino e varco la soglia della reception, nessuno mi saluta, nessuno mi sorride, ne pare interessato a distogliere lo sguardo dal cellulare. Non ho mai sentito un silenzio tale in un ostello, anche se é vero che lo spazio comune qui é esterno, ma la temperatura é decisamente estiva, ogni metro c'è una panca, eppure nessuno sembra intenzionato a socializzare. La mattina seguente arriva Una, una ragazza cinese parecchio strana, sembra un pó rappettara, un pó scimmiona, parla poco inglese e come quasi tutti i suoi connazionali, non é molto attenta alla forma.


Mi chiede di condividere l' affitto di un e-bike, uno scooter elettrico, al costo di 2.500 kyats a testa per tutto il giorno e partiamo alla scoperta dei templi vicino alla nostra area, andando un puó a caso, visto che ce ne sono ovunque. Basta prendere la strada principale, che é asfaltata e poi buttarsi nelle stradine di sabbia all' inseguimento delle pagode, che ci richiamano come sirene.


Ogni volta che chiedo a Una se ha preferenze, mi risponde nel suo stentato inglese, sempre la stessa cosa: " I follow you, you are the leader ". La sabbia dei sentieri spesso é poco battuta, perció bisogna fare attenzione a non scivolare, si incontrano pietre e buche, per raggiungere alcuni templi invece si passa in mezzo ad un' arida vegetazione coriacea e pungente, tipo Spinnifex australiano. A parte la polvere peró é un posto spettacolare, é incredibile avere la possibilitá di muoversi cosí liberamente, senza seguire un percorso predefinito, senza limiti, con quasi 2000 templi da visitare in una zona relativamente contenuta.


Nel primo tempio incontriamo Aung Aung, uno dei tanti ragazzi birmani, che tentano di vendere ai turisti i loro dipinti, realizzati con colori tenui e sabbia del fiume Irrawaddy su tele di cotone. É figlio di un professore che gli ha tramandato la storia del regno di Bagan, e mentre  ci troviamo davanti alla statua di Buddha, contenuta nel tempio, la condivide con noi. Pare che la maggior parte dei templi sia stata costruita tra il 1000 e il 1200 d.c., durante il primo impero birmano, se ne contavano allora 4300.


Negli anni, alcuni movimenti tellurici hanno contribuito al crollo di quasi la metá dei templi e nonostante l' Unesco abbia tentato di iscrivere Bagan nei siti protetti, il governo militare si é sempre opposto, preferendo ristrutturarli a proprie spese e con materiali non idonei o comunque piú moderni, in contrapposizione con l'architettura originale. L' ultimo disastroso terremoto, che condivide con Amatrice la data nefasta del 24 agosto 2016, ha ulteriormente diminuito il numero dei templi a circa 1900.


La fiorente Bagan, per mano del re che la fondó, vanta inoltre la conversione dello Sri Lanka alla religione Buddhista ed ebbe infine il suo declino alle porte del 1300, quando fu raziata e conquistata dai mongoli, per aver rifiutato di rendere omaggio al potente Kublai Khan.
L' implacabile sole delle ore piu calde della giornata sfianca Una, che bardata come fosse inverno per evitare l' abbronzatura, si ritira in ostello a riposare, mentre io approfitto per andare a salutare e pranzare con Keiko, la mia amica giapponese conosciuta a Yangon. Ci diamo appuntamento a Kuala Lumpur per la fine del mese, dove sta facendo un master di due anni in agricoltura e tecniche di piantagione, se cosi si può tradurre.


Alle 16, io e Una siamo di nuovo in strada per trovare un tempio con la terrazza accessibile, dove assistere al tramonto. La maggior parte dei templi hanno ormai l' accesso chiuso alle aree superiori, quindi bisogna selezionare con cura le informazioni, che ricaviamo tramite le segnalazioni di precedenti viaggiatori su maps.me. Il primo giorno non siamo granché fortunate, perché il sole tramonta dietro gli alberi e non ci regala un effetto particolarmente memorabile, ma ci divertiamo comunque a prendere parte ad un saluto di gruppo, filmato dal drone di un simpatico inglese di nome Nick.


La mattina dopo sperimentiamo le basse temperature mattutine della piana arida di Bagan, per recarci nella zona piú antica, dove sorgono i monumenti piú imponenti, scoviamo un complesso interessante dove giocare a fare le modelle tra le rovine e ricominciamo, come ogni giorno, ad insozzarci i piedi di terra, polvere e cacche di piccione. Siamo sole anche al tempio successivo, dove 3 bambini allegrissimi giocano e scivolano lungo la balaustra dello scalone che porta alla terrazza.


Mi siedo a guardarli mentre mangio le mie ginevrine alla viola, comprate a Genova prima di partire, incuriositi vengono a sbirciare dentro al sacchetto. Ne prendono una manciata e poi i maschietti giocano a fare i pagliacci e ci fanno ridere, mentre la bambina bellissima mi prende per mano e mi conduce su per le scale. Quando ormai siamo diventati amici li saluto per tornare allo scooter e mentre mi allontano, capisco che vogliono altre ginevrine di zucchero, cosí gli lascio l' intero sacchetto, con il permesso del papá che sorride divertito.


Altrove abbiamo un alterco con un detestabile cinese per avergli spostato i sandali dall' ingresso del tempio, poi guidiamo tra le baracche per raggiungere una zona remota affacciata sul fiume, dove non c'è traccia di turisti. Questo spot me lo ha passato in segreto Bugra, il ragazzo turco conosciuto a Mandalay e si rivela veramente un gioiello. Seguendo il gps arriviamo ad una coltivazione di cavoli dove lavorano alcune donne.


A gesti ci facciamo capire e ci indirizzano lungo uno sterrato ripido, alla fine del  quale troviamo un tempio. Un bimbo monaco ci corre incontro per accoglierci e ci guida lungo una grotta scavata nella sabbia, dove, con il suo maestro va a meditare. Grazie alle sue chiavi possiamo visitare un tempio bianco, circondato da alberi fioriti e uno di mattoni rossi che conserva un grande buddha seduto in meditazione, con le dita rivolte al terreno, da cui assorbe energia per sopperire alla mancata alimentazione.



Sulle pareti e sul tetto sono ancora visibili le decorazioni originali. Passiamo per uno stretto arco che ci riconduce all' aperto e seguiamo il piccolo monaco lungo una scala che porta alla collina. Li c'é il tempio piu bello di tutti, con una scala che porta alla terrazza superiore da cui contemplare il fiume.



Il piccolo monaco mi invita a fare il giro intorno allo stupa in cima al tempio, Una, terrorizzata dal poco spazio per il camminamento, non viene. Lasciando il villaggio incontriamo tante famiglie, bambini bellissimi e donne sorridenti che ci salutano. Una piccolina stupenda, con in braccio un cagnolino ci saluta e ci manda baci.


Quando ormai sono le 4, tentiamo l' ingresso ad Ananda, uno tei templi piú grandi, dove la guardia sorveglia l' ingresso. Una, non ha il biglietto, quindi teme di essere fermata, ma come previsto nessuno le chiede niente ed entra indisturbata. Questo complesso ha un' architettura molto particolare e dettagliata e il suo colore bianco splende violentemente contro il blu del cielo, mentre i raggi di un sole ormai tendente al tramonto, incendiano il suo stupa dorato sulla sommitá.

Anche questa giornata é finita, perció rientriamo per pianificare la partenza dell' indomani. Ho intenzione di fermarmi a Monywa, lungo la strada per Mandalay, al costo di 6500 kyats ( quasi 4€ ), ma come vedremo, la sorte deciderá diversamente...

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