venerdì 16 ottobre 2015

La #septimamaravilladelmundo: #ElTerry ( y #ChichenItza despues!) #Kukulcan #quetzal #lupito #Lucìa #borracha #ninos y #perros #juegodelapelota #muerequiengana #muorechivince #sacrificios #maya #cultura #archiastrologia #pollo #paletas #LeopoldoyMarìa #LaPiazzetta

13-14 de Octubre
Llegada a Chichen Itza
Cena en Pistè
y primera visita a la ciudad de Mèrida


Dopo quasi 5 ore di autobus e due acquazzoni potenti lungo il tragitto, arriviamo a Valladolid alle 19 passate. Piove che Kukulcàn la manda, le strade sono allagate, non essendoci tombini e noi dobbiamo ancora arrivare a Pistè, dove dovrebbe attenderci una stanza confortevole al Chichen Itza hotel, sempre che non ci abbiano dati per dispersi e l' abbiano rivenduta a qualche avventore di passaggio. Prendiamo anche il bus per Pistè e il gentilissimo autista ci lascia proprio in fronte all' hotel, anche se qui non piove.

Ci aprono la porta due camareros e ci fanno accomodare in un grande atrio con tetto altissimo di travi di legno scuro, un bancone in legno ospita due receptionist e Lucia, una vecchia signora bionda con gli occhi chiari visibilmente alticcia. Ci facciamo un film articolatissimo riguardo a lei, che è l' odiatissima proprietaria dell' albergo, che ogni sera per dimenticare di essere finita ad investire il suo denaro in un buco di pueblo di cani randagi e miserabili, tracanna tequila e mezcal come se non ci fosse un domani. Ci rivolge anche un paio di domande con lo sguardo vitreo e la voce impastata, ma il concierge le ruba la scena e ci spiega che questa sera, siccome siamo belli come degli Dei Maya, avremo un upgrade gratuito e ci becchiamo una stanza a bordo piscina!


Prendiamo possesso della camera, dopodichè usciamo a cercare un posticino per la cena. Il paese è piccolino, ha una piazzetta dove si sviluppa tutta la vita del luogo, ci sono chioschetti ambulanti che preparano Tacos y Empanadas, altri di bebidas y refrescos e qualche ristorantino con sedie e tavoli di plastica e la cucina improvvisata in cubicoli di cemento a vista sotto i portici. Assaggiamo qualche altra specialità della cocina Yucateca e nel frattempo, si alternano nei pressi del nostro tavolo, bimbetti che vendono pietre scolpite con soggetti maya e cani randagi che con discrezione sperano in un boccone.

I bimbetti sono curiosi e iniziano ad interessarsi a Terry, dimenticando ben presto la loro mansione, vogliono sentirlo parlare inglese e lo incalzano perchè dica qualche parola, gli stanno intorno sorridenti e allegri, lui è a metà tra l' intenerito e il divertito. Interrogativi gli girano in testa.."dispiacersi per la loro condizione, in fondo stanno lavorando, sono solo dei bambini..o è la normalità?", ma la loro allegria lo depista.."non siamo forse noi che, abituati ad una morale diversa li rivestiamo della nostra pena? Questi bambini non sembrano infelici, o sofferenti, anzi spensierati e beneducati, quindi? Non è forse vero che se si cresce con una concezione della vita, quella per noi rimane la normalità finchè non ci scontriamo con la realtà di qualcun altro e iniziamo a paragonarle se non sono uguali alla nostra?".
Il sole completa il suo giro intorno alla terra, le stelle brillano sopra altre teste ed è nuovamente giorno. Chichen Itza ci aspetta.
In coda per il biglietto d' ingresso ci si avvicina una guida, tra tanti che lo seguiranno, offrendoci la sua conoscenza per la prossima ora, porta un cappellino e degli incredibili occhi chiari sotto la visiera, sa già di aver attirato la nostra attenzione, anche quando ci dice che il sito possiamo visitarlo comunque anche da soli, scattando foto e leggendo un opuscolo in italiano, perchè è bellissimo e vasto.
Vogliamo lui, ha quel piglio orgoglioso da scugnizzo che senza parlare ti fa capire che potresti perdere l' occasione del giorno. Non la perdiamo.

Ci racconta della nascita e dello splendore del sito con enfasi, parla di architettura e astronomia, la straordinaria capacità dei maya di trasporre nella costruzione degli edifici i riferimenti al loro calendario, di calcolare con precisione l' allineamento del sole durante i solstizi e gli equinozi, cosicchè solo una volta all' anno, nel giorno più breve e in quello più lungo, facesse capolino tra le feritoie sulla sommità della piramide creando magici effetti mistici.."l' asse della terra si stà spostando? No ès verdad, bueno si, pèro despuès tutto rrretorna alla perfecsion porquè si no non avremo màs questi effetti di luce del sol que se alìnea con esta construciòn.." o giochi di luci ed ombre per cui si assistesse alla discesa sulla terra del serpente piumato, il dio Kukulcàn.
La piramide, la costruzione più importante del sito, ha quattro lati come 4 sono le stagioni, 4 scale che portano alla sommità, che rappresentano i 4 punti cardinali, ha 91 gradini che moltiplicati per 4 i lati danno 364, più la sommità fanno 365, come i giorni dell' anno, su ogni lato ci sono 9 gradoni, divisi in 18 terrazze, che simboleggiano i 18 mesi del calendario e 52 pannelli che rapresentano il numero dei giorni secondo il ciclo maya
.." un caso? " chiede Lupito.."daaaai, yo no lo creo!" e ci invita a riflettere sull' immensa conoscenza possieduta da questa misteriosa civiltà. Io sono completamente in estasi, sento il magone che mi strizza le budella come ogni volta che i pezzi del puzzle che stò idealmente ricomponendo stessero andando tutti a posto.
Poi Lupito ci parla del Quetzàl, l' uccello sacro dei Maya, il cui verso era la voce degli dei, un segno divino, "l' uccello più bello del mundo", e io già sento un brivido per l' attaccamento alla propria cultura, crea ad arte il momento di tensione, pendiamo dalle sue labbra completamente catturati, indica la piramide, allarga le braccia e sbatte i palmi delle mani. Ogni colpo un verso di Quetzàl gli risponde, i miei occhi si inumidiscono, Terry cerca l' inghippo, ma ogni volta che Lupito batte, il Quetzàl risponde, allora anche Terry batte e il Quetzàl non fa il timido. Ci spostiamo verso i campi dove si disputava il gioco de la pelota. Due campi, uno per le partite della mattina, uno per quelle del pomeriggio, il significato stà ancora una volta nel sole che grazie al suo spostamento determinava il passaggio del tempo, proiettando l' ombra dell' anello  entro cui si cercava di far passare la palla per conquistarsi la vittoria. Due squadre, 7 giocatori per parte, non uomini qualunque, ma eroi, professionisti, uomini in grado di lanciare con un colpo d' anca una palla di 3 chili dentro un anello incastrato nel muro a 8 metri d' altezza.

Un campo di 167 metri, delimitato da due altari alle estremità in cui sedevano i nobili, Lupito ci parla della straordinaria acustica del luogo, di come i Maya fossero stati in grado di riprodurre l' eco in un territorio da cui non avrebbero neanche potuto trarre ispirazione. Cosa doveva sembrare l' eco, se non la voce degli dei? Quale motivazione migliore per dare il meglio di sè durante un gioco massacrante avevano i contendenti, se non che ad assistere alla partita ci fossero anche le sacre divinità? Ma come fare, se non ci sono nè colline, nè montagne che riproducano il suono della voce? I Maya ne sono capaci, lupito allarga ancora le braccia, batte i palmi delle mani e il suono si ripete 7 volte..il battito degli dei..forte e chiaro, come le voci del pubblico che assisteva alle competizioni veniva 7 volte riproposto dando l' impressione che anche le divinità incitassero le squadre, la palla passa dentro il cerchio, la partita è vinta, i vincitori si offrono con orgoglio agli Dei e vengono decapitati.
 Lupito nota i nostri sguardi interdetti.. "porquè a los Dìos se ofrece lo mejor, y lo mejor no es el perdente". Lungo il gradone che delimita il campo incise nella pietre le figure dei sette giocatori, bardati per la competizione con protezioni alle gambe, ai fianchi e alle braccia. Poi il capitano che viene decapitato, e dalla sua testa i fiotti di sangue si trasformano in serpenti guizzanti. Sotto l'anello di pietra è raffigurato un teschio, nella posizione di esalare l' ultimo respiro. Siamo arrivati alla fine del campo e Lupito ci mostra l' altare da sotto, con le sue decorazioni in rilievo, i resti di antichi colori sulla pietra, ci parla del Dolby, il sistema audio che consente di percepire i suoni perfettamente anche da distante.."si ahora se habla de Dolby Surround desde el nombre de sus inventor, el senor Dolby, a quel tempo se doveva hablar de Maya Surround"..pausa ad effetto, le solite braccia che si allargano e il battito dei palmi che distintamente sentiamo riprodursi a 167 metri di distanza, così come il fischio potente di Lupito e il battito di Terry che vuole sempre testare la veridicità del fatto, guadagnandosi il nuovo appellativo di Terry San Tomàs.
E' arrivato il momento di salutare Lupito, vorrei abbracciarlo per questa meravigliosa esperienza e vorrei anche abbracciare Terry per aver insistito a fare la visita guidata, perchè davvero avremmo perso un' immensa opportunità. Prendiamo il bus per Merìda, ancora un poquito de lluvia lungo il cammino, un pollo cotto sulla brace da mangiare con le mani sugli ultimi sedili in fondo al camiòn, siamo inguardabili, i Messicani hanno ribrezzo di noi, pensiamo. Disossata la carcassa alla stregua di due avvoltoi ci complimentiamo l'un l'altro e scendiamo a destinazione. Merida ci accoglie con un bel venticello fresco e i suoi portici illuminati intorno alla Plaza grande.

Passeggiamo rilassati per le piazzette, sgranocchiando ghiaccioli fatti a mano di vera frutta fresca dai colori vivaci, alla chaya, una pianta di queste parti con le cui foglie si fa una bevanda buonissima, al cocco, al mango, al kiwi. Mèrida è diversa dalle città incontrate finora, è per certi versi più europea, essendo stata fondata da Francisco Montejo, il conquistador Spagnolo, possiede chiese cristiane e una lunga via con palazzi e case imponenti in stile classico, inoltre la piazza con i portici è più vicina alla nostra architettura che non a quella centro americana.
Torniamo al nostro alberghetto italiano, di Leopoldo di Arezzo, belli felici della giornata trascorsa..stanotte abbiamo materiale a sufficienza da elaborare per fare sogni interessanti.

mercoledì 14 ottobre 2015

Laguna de Bacalar - colores y sonrisas



Trece de Octubre
LLevado de Bacalar, Quintana Roo
La laguna de los 7 colores

El camiòn ADO, che tutti pronunciano ADeo, lascia Tulum alle 14:30, diretto a sud, per depositarci circa 3 ore dopo a Bacalar, dove pare ci sia una laguna con l' acqua di 7 diverse tonalità di blu. Il viaggio è noioso e monotono, sulla Ruta 307 che corre dritta come un fuso da Cancun a Chetumal, in mezzo alla selva Yucateca.
Incontriamo pochi villaggi..Limones,Andres..Sale poca gente.

La fermata più significativa è quella a Felipe Carrillo Puerto, in una quasi vera stazione dei bus, dove due donne attendono l' arrivo dei passeggeri per salire a bordo con due cesti ricolmi di tortillas già farcite con insalata, cipolle e salse a piacere. Con un braccio reggono tutto il peso del cestino, con l'altra mano riempiono i vassoietti di tacos.. e poi trick, ricoprono tutto con un telo di nylon trasparente per proteggerlo dalle mosche. Sull' avambraccio, all'occorrenza sta appeso un secchio con dentro bebidas e refrescos a base di manzana (mela), tamarindo, coco y pina (ananas). Tutto con l' espressione più fiera e una padronanza dei movimenti degne dei migliori professionisti.

Le guardo rapita dal finestrino, mentre continuano il loro servizio anche a terra, prendono i soldi, li infilano nella tasca del grembiule, danno i resti, tutto con quella unica mano libera e con quella che spunta da sotto il cesto riescono pure a sventagliarsi con i vassoi, se non sono intente a riempirli. Quanta eleganza nella loro fisicità tozza. Non riesco a non trovare le donne messicane di un fascino incommensurabile. Proprio vero che l' estetica non conta un cazzo! Puoi avere il musetto da gattina, le curve modellate, i vestiti migliori e le movenze da gran seduttrice, ma non vali niente a confronto di chi si sente bene nel corpo che abita, di qualunque fattezza esso sia.

Le donne messicane sono belle di quella bellezza senza storie, tipica dei luoghi che non possono permettersi il lusso di torturarsi il cervello con le stronzate dei paesi sviluppati. Le donne messicane hanno sorrisi sinceri, perchè non si domandano cosa pensi di loro mentre le guardi, hanno capelli neri come la pece, lucidi e corposi e denti bianchissimi che mostrano ad ogni occasione. Le donne messicane non risparmiano sui sorrisi e gli uomini messicani hanno occhi buoni e paterni, la pelle color della giada o del caramello. Alcuni sono chiaramente figli di antiche etnie, con nasi curvi e zigomi sporgenti, altri sembrano orientali e hanno il volto piatto, altri ancora non sembrano neanche messicani, che sono bellissimi ugualmente.

Stamattina quando cercavo la "parada del Ado", la fermata del bus, ho chiesto indicazioni ad un omino sulla sessantina con la pelle di caffelatte e gli occhi azzurri come l' acqua della Laguna...ah già la Laguna, quello era il tema del post, prima che mi perdessi in dissertazioni sulla bellezza messicana..la Laguna è il tesoro di Bacalar, che altrimenti rimane un pueblo modesto e ostico a diventare turistico. Non ci sono avenidas con negozi di souvenir, nè ristorantini esotici. Solo casupole con il tetto di paglia annerita dal sole, o quadrati di cemento, colorati con tinte sgargianti che si stagliano in eccezionali contrasti cromatici contro un cielo azzurro da far male agli occhi.

 Insegne scritte a pennello, delicate, squadrate, con contorni e ombreggiature, da gente che lavora come Dio comanda. Niente murales. La avenida uno, il lungolago, è un susseguirsi di cancelli che delimitano l' accesso all' acqua per garantirlo agli avventori delle posadas che hanno la fortuna di stare sull' acqua, ognuna con il suo prato verde e il suo pontile che affonda nella sabbia bianca della laguna. Questa mattina dopo el desajuno, finalmente troviamo l' acesso municipal e allora anche noi possiamo tuffarci dal nostro pontile tra le acque turchesi del Bacalar.


 L'acqua è calda, e limpidissima, di un colore incredibile. Sembra di essere immersi in un' enorme piscina col fondo sabbioso, vedo chiaramente decine di pesciolini trasparenti che mi nuotano intorno alle caviglie. Io e Terry non ci stiamo credendo a tutta questa bellezza, e a questo cielo indaco, e a questi tronchi d' albero spogli e bianchi che si affacciano sulle acque turchine per immergerci le dita, e a questo verde della vegetazione che contiene le sponde che sembra esplodere di brillantezza e di luce. E questo turchese, e quell' azzurro, seguito da altro turchese e poi dal blu. Contiamo 4 colori dalla nostra prospettiva, più in là non riusciamo a vedere.
Due falchi color cioccolato sorvolano l'acqua. Nel cielo una miriade di nuvolette pannose e soffici aumentano, se possibile il senso di vastità e imperturbabilità della laguna, sogno di stare qui per giorni in contemplazione a vederle passare. Due coppie di ragazzini con le divise scolastiche vengono a cercare un pò di refrigerio, un bagnante singolo immerso fino al collo ride degli autoscatti stupidi che ci facciamo io e Terry, il pontile scricchiola sotto i nostri salti.
E' tempo di lasciare la Riviera Maya, scrivo le mie impressioni dal sedile lungo, in fondo al Meyez per Valladolid, Terry sonnecchia accanto al finestrino dopo aver sgranocchiato platanos fritos, la strada è piena di buche, la sua testa dondola appoggiata allo schienale, faccio fatica a tenere il notebook fermo sulle gambe. Il sole accompagna il nostro viaggio.



martedì 13 ottobre 2015

Resoconto del nostro arrivo a Tulum - racconto a 4 mani


 Sabado 10 Octubre todavìa
 Llegada en Tulum y primera noche
 y visìta a las ruinas el dìa sucesivo.


Ci allontaniamo dal Cenote in silenzio io e Terry, rivivendo ancora le belle sensazioni che questa avventura ci ha lasciato, Il sorriso sulle labbra e la testa leggera. Il sole picchia ancora forte, ma il combi non si fa attendere più di 5 minuti. Siamo nuovamente in viaggio e tra poco arriveremo a Tulum. Lo intuiamo subito, appena scesi dal colectivo, che è una località più " ruspante" rispetto a Cancun e a Playa del Carmen, il centro è semplicemente la carretera principal che porta a Chetumal, arricchita da ristoranti e negozietti.

Nessuna zona pedonale. La nostra sistemazione per le prossime notti è un mega tendone super comfort, piazzato al centro di un giardino, con intorno altri 4 gemellini, ognuno decorato secondo un tema differente. La nostra ospite ci fa scegliere, visto che anche qui siamo gli unici avventori, e dopo aver visionato la messicana e la flores, scegliamo la Shiva, peccato che al momento di entrare e prenderne possesso, una grossa aragna nera piomba dal soffitto e si infila sotto le pieghe dell' ingresso..niente da fare..io li dentro non ci dormo più..ci spostiamo nella tenda de las flores e la personalizziamo immediatamente con il disordine dei nostri due zaini: campo base raggiunto.
Nel corso della serata scopriremo che oltre ai fiori, la tenda vanta decorazioni altamente ambigue, come una piccola luce strobo che rotea irradiando di colori il nostro tendone ormai da circo, una stella filante sbrilluccicosa molto fru fru nei toni dell' argento e oro, un uovo abatjour madreperlato, un cuscino agghiacciante di ciniglia fucsia, dietro il quale scopriamo la chicca suprema..la testiera del letto è la versione piatta e rettangolare della palla specchiata, la famosa mirrorball che si trovava nelle disco anni 80!
Tenda de las flores un corno, kitsch e lussuria per un giaciglio da meretriz! Desde hoy esa es la cabanita de la buscona!

Decidiamo di trascinare i nostri corpi ancora provati dal cenote alla scoperta delle rovine dell'antica Tulum, unico avamposto Maya a sorgere a ridosso della costa, creando un contesto scenografico mozzafiato: ed è proprio su questo che fanno leva le guide turistiche locali.
La "mala noticia" è che quando giungiamo in loco troviamo l'accesso per il percorso a piedi "cerrado".

La "buena" è che per 740P, poco più di 40€, si può organizzare una visita guidata su una pilotina ed ammirare la magnificenza dell'antica civiltà dal mare, come documentato dal National Geographic, sottolinea più volte l'informatore turistico per invogliarci, perchè quello è il modo giusto di vedere queste rovine insiste, perchè quando la luce del sole si allinea con le rovine si crea la magia. Ma noi non siamo americani (ci piace molto far leva sul conflitto atavico delle due facce dell' america) e decidiamo di viverci quell'esperienza come tutti, camminando e cercando le prospettive migliori per le nostre foto. A nulla vale l'allettante controfferta dell'omone messicano: "Seicen y quarenta pesos. E dos cervezas heladas!"
Non ci fotti,caro amico,ormai abbiamo deciso. Dedicheremo a Tulum la giornata successiva, quando prima verremo colti da un temporale caraibico sulla playa e dopo visiteremo il castillo e l' antica cittadina  maya di Tulum baciati dal sole.
Ci affrettiamo ad avvicinarci alla fermata del combi e con un sincronismo perfetto se ne para uno davanti a noi che ci ingloba immediatamente. Fortunati? Non direi: chiuso il portellone, realizziamo che il sottofondo olfattivo è quello della vecchia fattoria. Il terrore ci dipinge i volti e guardandoci negli occhi riusciamo a compiere la stoica impresa di percorrere quel breve tragitto in apnea. Capolinea della via crucis, scendono tutti, eppure qualcuno sembrava non avercela fatta in partenza.
Rinvenute le vie respiratorie ci immergiamo tra le stradine popolari e colorate del centro, ammirando le tracce lasciate sui muri da una manciata di artisti di strada chissàquando chissàperchè, quasi mai mediocri.

E vagando deviamo il nostro cammino in una viuzza interna dove i locali stanno allestendo una festa di paese con tanto di bancarelle e musica da fiesta: giusto il momento per due elotes, pannocchie bollite e condite con lime, panna, formaggio e qualche goccia di habanero. 30P è la richiesta del timido ragazzino del banchetto per questa leccornia. Raggiunto l'Harmony Glumping ci ricomponiamo e siamo nuovamente pronti a farci deliziare dai mariscos del Camello Jr, ristorantino per locals a pochi passi dalle nostre tende.
 Fanculo al chevice e al suo sapore di Nelsen piatti, questa volta la nostra attenzione nella scelta della comida ci ripaga, pulpo a la mexicana con arroz y frijoles e camarones in salsa de ajo y verduras con tortillas fumanti pronte a contenere tutto il ben di Dio. Nachos a pioggia.

Accompagnamo tutto con una Sol e una Modelo negra e ci rendiamo conto di quante vittime anche qui riesce a mietere il calcio: Stati Uniti - Messico, gli occhi e l'attenzione dei camareros e degli avventori sono tutti puntati sugli LCD appesi ai quattro angoli del locale e se non fosse per la modernità di questi ultimi l'atmosfera e il tempo fermo rimanderebbero ad una prestazione del Tricolòr a Mexico 86. "La cuenta, por favor" e bye bye mondo, il funghetto ci risucchia al suo interno, la luce si spegne, le cicale e le rane si occupano della magia. Buonanotte.

PS:( por la primera vez en mi vida puedo decìr que este post no lo he escrito yo, estaba cansada y Terry lo ha hecho para mi. La buena noticia es que no se encuentra diferencia de estilo y eso es para mi maravilloso asì como muy estrano, la mala noticia es que ahora tengo miedo que quiere hacerlo siempre ! ;))


lunedì 12 ottobre 2015

Dìa cuatro: aventura en la cueva


Sabato diez de Octubre,
por la noche
Directamente da la tienda de los flores
in Tulum.
Sucesivamiente de la amaca en el Jardin

Abbandonata a malincuore la nostra stanza al Playa Natural, salutiamo il vecchio Isidro, che abbiamo fantasticato essere alla stregua del maestro Miyagi, all' apparenza un vecchio rincoglionito che si rivela un fine conoscitore delle arti marziali e ci piazziamo sulla strada principale in attesa del primo taxi che ci raccolga e ci porti al deposito dei combi per continuare la nostra discesa verso il sud del paese.

Essendo gli ultimi avventori ci guadagniamo i posti d'onore vicino all'autista così Terry può fotografare tutti cartelli stradali che ci vengono incontro, mentre io fingo di leggere il giornale.
Il combi ci lascia davanti all' ingresso del Cenote dos Ojos, a meno di 20 km dalla nostra destinazione finale di questa giornata, Tulum.

C' è prima da spiegare cos'è un Cenote: diversi opuscoli parlano di pozze d' acqua createsi dal cedimento del suolo e in effetti alcuni sono proprio laghetti in cui immergersi, ma nel concreto pare si tratti di fiumi sotterranei, che in alcuni punti, erodendo la superficie della terra escono allo scoperto palesandosi in tutta la loro cristallina bellezza, tra grotte, anfratti, stalattiti e colonne sommerse.
All' ingresso dell' area ci accolgono Miguel y Juan, due piccinissimi hermanos con la faccia sorridente, talmente piccoli da farci sentire dei giganti, Juan ci accompagna in auto per i 2 km di parco che ci separano dal cenote, raccontandoci della riserva che stiamo attraversando dove vivono giaguari e altri animali in libertà, uno scoiattolo ci attraversa la strada.

Ci immergiamo nel primo occhio, che visto da fuori  sembra semplicemente una pozza d' acqua statica sovrastata da un tetto di roccia scura e irregolare, mentre sotto nasconde un regno profondissimo e misterioso. Dove la roccia sembra creare un limite invalicabile, appena sotto il pelo dell' acqua si aprono invece spazi infiniti da esplorare..i divers sul fondo, con le torce illuminano gli anfratti e io li seguo da sopra, nuotando tra le bolle sprigionate dai loro respiratori, mi faccio solleticare la pancia dalle bolle mentre mi sembra di essere l' occhio di una telecamera che riprende un' avventura nelle profondità della terra.
E' bellissimo quello che sento. Piccoli banchi di pesci sfilano davanti alla mia maschera, tutti insieme, un gruppo compatto e ordinato, quindi mi lancio all' inseguimento, per nuotargli in mezzo e vederli aprirsi a ventaglio per poi ricomporsi una volta che sono passata. E' ora di esplorare il secondo occhio e prepararsi a rimanere a bocca aperta..(metaforicamente, chiaro!)
Anche qui, sembra di trovarsi in un semplice laghetto coperto, ma appena sotto il pelo dell' acqua, un mondo sommerso e immobile, fatto di stalattiti che dal soffitto si tuffano in acqua, intorno alle quali puoi nuotare, stanze infinite si aprono per metri, impreziosite da concrezioni che dal suolo puntano verso l' alto e tu ti immergi guidato da quella curiosità e dal desiderio di scoperta, sempre più giù, con la torcia in dotazione scandagliamo i fondali, illuminando piccoli organismi e tesori di roccia, gruppi di pinnacoli come una famiglia di barbapapà ci guardano dal fondo, colonne bianche e sinuose si allungano sott' acqua, custodi di questo magico tempio eterno e quasi inviolato.


Ci infiliamo in un immaginario corridoio di stalattiti fino alla grotta del murcielago, si sta al pelo dell' acqua, il soffitto è troppo basso per alzare la testa, quindi si respira col boccaglio, vado sotto per avere più visibilità ma mi accorgo che tra sopra e sotto è tutto diverso, sopra il pelo dell' acqua lo spazio è ristretto e bisogna limitare i movimenti, sotto invece ci sarebbe spazio per un capodoglio, riemergo un pò troppo ottimista e cozzo contro il soffitto, pareti intorno, panico, bevo. Adesso so come si può facilmente perdere la calma nelle grotte marine. Terry mi soccorre e riemergiamo in una stanza pseudo circolare, quasi completamente buia ad eccezione della luce che filtra attraverso un foro sul soffitto.
A naso in su, contempliamo una volta costellata di piccoli candelotti di roccia chiara da cui pendono e a cui si aggrappano decine di piccoli pipistrelli neri..ed è qui che vi presentiamo la Stephanie, si perchè la poesia è bella, suscita emozioni, ma il gossip..il gossip è irrinunciabile. Come spesso accade, ad ogni attività di gruppo, escursione o visita guidata si prenda parte, corrisponde un partecipante idiota, è proprio un' equazione imprescindibile. Ma, quando la demenza si presenta in coppia allora si è di fronte all'esperienza delle esperienze, una sorta di incontro ravvicinato del massimo tipo. Stephanie e il suo compagno, già sono di nazionalità differenti, quindi è bene sottolineare che già tra di loro NON si capiscono, questo naturalmente spiega come sia possibile che due esseri del genere possano relazionarsi in un rapporto di coppia che non sia quello che giornalmente abbiano con i calzini, gli occhiali da sole o il proprio telefono cellulare. Lei parla spagnolo, quindi dovrebbe essere avvantaggiata in questo contesto, ma darà prova del contrario abbastanza presto, lui è americano, quindi per diritto di nascita (chissà quale!?) il Cenote è suo!
Stefanie fuori dall' acqua cammina come una papera con le infradito, e dentro l' acqua nuota alzando schizzi con i piedi talmente alti che se la Cagnotto ne alzasse la metà dopo un tuffo da 10 metri, i giudici, all' unanimità, la squalificherebbero a vita dalle competizioni. Con sdegno pure. Bollata a vita, marchiata a fuoco con il divieto assoluto di avvicinarsi a qualsiasi piscina, fiume o pozzanghera, pena la gogna nella pubblica piazza. Oltre a questo, ha la vista di un cavallo coi paraocchi. Se ti nuota a fianco può travolgerti senza batter ciglio, passa come un caterpillar, ti smembra le braccia con le pinne e prosegue indisturbata verso la sua meta. All' occorrenza si trasforma in luccio di mare perdendo cosi la vista frontale e travolgendoti nuovamente, sempre senza proferire scuse. al terzo contatto ravvicinato, mi giro a guardare Terry e lo interrogo a tal proposito : "Ma..ma non mi vede? Ma non ce l' ha la maschera?" Lui attraverso il boccaglio mi risponde "Si ma lei ha quella di carnevale"..stò per soffocare! La grotta riecheggia, gli altri Snorkies riemergono per guardarci.
Finita l' avventura nel Cenote, Stephanie è dispersa, incrociamo Lui che la cerca tra i cessi e il banco delle mute, ma di lei non c'è traccia..l' ultima sua frase, che verrà usata come epitaffio sulla tomba che conterrà una maschera e due pinne sarà quella proferita nella grotta del Pipistrello "andiamo via di qui, ci sono troppi animali". Il sacrificio dei Maya assicurerà il buon raccolto per un altro anno.


sabato 10 ottobre 2015

Isola di Cozumel - scassoni, murales e mar dei caraibi

Sabato diez de Octubre
Playa del Carmen
Horas :Siete de la manana


E anche questa mattina, nel silenzio del salottino di Playa Natural, fronte a la ventana cerco ispirazione. Terry mi chiama "piccola Hemingway", non è difficile avere lo sguardo perso in queste albe messicane, rincorrendo immagini e pensieri per cercare di raccontarli come li si è vissuti. Ci si prova. La traduzione non sempre è all' altezza delle emozioni. Quasi mai.
Cozumel non ci aveva attratto particolarmente, ma in qualche modo ci siamo ritrovati a percorrere tutta la Avenida cinco hasta el tope per imbarcarci sul ferry che ci ha rigurgitato sull' isola, insieme ad uno sparuto numero di curiosi.

Se possibile la giornata è ancora più calda delle precedenti. Non so se è per evitare il panico o per arretratezza, ma in giro termometri o pannelli che indicano la temperatura non se ne vedono, e forse è meglio così. Cerchiamo l'ombra lungo la strada principale che è completamente esposta al sole, non fosse per le folate di aria condizionata che fuoriescono dai negozi uno in fila all' altro saremmo sciolti, ci infiliamo nella rentadora e noleggiamo il nostro primo mezzo di quest' avventura: un motorino scassone che dopo 300 metri è già morto! Torniamo indietro a spinta, più infiammati per la rabbia che per il caldo, aumento il passo perchè voglio essere io a mangiare la faccia a quel cerdo di Antonio che ce l' ha appena consegnato. Entro nel tugurio spoglio che fa da garage e sbatto l' elmetto sul banco mentre stà facendo firmare il contratto numero 1002 ad altri due fiduciosi clienti e gli intimo " cambiami subito sto motorino prima che mi incazzi! ". Lo guardo brutto. Lui poco si scompone e chiama Miguel che tira fuori dal garage un altro scassone da portare in strada. Ripartiamo.
Inizialmente in silenzio. Facce lunghe, non vedo quella di Terry che è intento a guidare ma la immagino, visto che tra i due io sono quella calma..e ho detto tutto! Arieti..fuoco..e ci dispiace per gli altri!
Io stò maledicendo di essere su quest' isola, lui forse anche, fatto sta che continuiamo ad andare avanti alla ricerca di non so che, ma qui ci sono tutti questi beach club e mi sento condannata a uniformarmi all' idea di vacanza consumistica, ma non può essere tutto così. Continuiamo ad andare avanti, la mappa indica che sul lato opposto dell' isola ci sono anche spiagge " naturali ".
La Punta Sur, la curva fricchettona è la nostra prima fermata, qui un baretto con tetto di paglia da il benvenuto ad avventori rasta e non. Proseguiamo finchè Terry localizza quello di cui abbiamo bisogno: un cocco da bere e poi da mangiare a pezzi, mentre sprofondo i piedi nella sabbia morbida e fine in riva al mare. Quando ha queste iniziative segrete mi riempie il cuore quel Terry li! E finalmente sorridiamo!

Il sole picchia verticale, qualche nuvola ci da sollievo lungo il viaggio su questa unica strada che percorre l' isola; sulla nostra destra il mare e ormai neanche più l' ombra di un beach club, per la mia soddisfazione, sulla sinistra acquitrini dove si bagnano pseudo cormorani e affini o selve fittissime di un verde rigoglio. Di tanto in tanto, su qualche palo bianco, stà appollaiato un avvoltoio nero..il contrasto è ineccepibile. Su un lungo spiaggione di sabbia d' oro troviamo gli ombrelloni di legno e paglia già visti a Cancun e finalmente ci scolliamo dalla sella dello scassone, l' acqua è più calda che fresca, la sabbia soffice sul fondale basso ci invita a camminare tra le onde verdi, stiamo dentro l' acqua due ore, sbeffegiando i turisti che arrivano, parcheggiano i Maggioloni colorati a bordo strada, si mettono in posa sulla palafitta di legno con il mare alle spalle e se ne vanno, senza godere in pieno della frescura rigenerante del mar dei caraibi.


 Il sole inizia ad abbassarsi e la luce si fa più morbida e languida, mentre montiamo in sella ancora impanati di sabbia d' oro e raggiungiamo un chioschetto lungo la strada per rifocillarci a zumo de manzana (mela) e thè verde al mango, sgranocchinado botanas (eh, lo so...).
Mentre ci riavviciniamo alla civiltà iniziano a ricomparire sulle case i meravigliosi murales che decorano tutti i luoghi visitati finora...se c'è qualcosa che non manca in Messico è l' espressione, l' arte, i colori e la poesia, di immagini e parole fissate eternamente sui muri delle sue strade. Abbiamo deciso di impiegare quest' ultima ora a scovarli tutti, perciò molliamo lo scassone alla rentadora, non senza un ringhio da parte mia per ribadire il concetto e ci tuffiamo tra i vicoli di Cozumel.

Cellulari alla mano, macchina fotografica, bottigliette di manzana fresca e succo di cocco e ananas, cioccolatini fatti a mano al lime, tequila e cocco, o al mezcal e peperoncino..e il sole si abbassa e avvolge tutto, arrotonda gli spigoli, ammorbidisce i contrasti. Il mare diventa grigio e la luce si arrossa sull' orizzonte, perde d' intensità fino a sparire dentro l' acqua mentre con gli ultimi raggi infiamma le nuvole e colora i contorni. Pace. Animo quieto. E l' umano giusto con cui condividerlo.


venerdì 9 ottobre 2015

Tappa Dos: Playa del Carmen


Manana numero 2:
Io e Terry decidiamo di spostarci lungo la costa un pò per volta, quindi ricomponiamo gli zaini e dopo aver salutato Alicia, la nostra hotellera e la sua bimba bellissima Isadora, ci incamminiamo sotto il peso degli zaini e un sole infuocato verso la parada del bus R6, che non troveremo e a cui preferiremo il passaggio di Gregorio il tassista.
Una volta sul combi (bus locali a buon mercato) diretto a Playa del Carmen ci godiamo il tragitto tra i sali e scendi degli autoctoni, le frenate al limite, dell' autista che se non ci fossero i sedili davanti a fermarti saresti di lungo spiaccicato contro il vetro e i mille cartelli stradali che si susseguono senza posa per ricordarti di visitare questa o quella attrazione, naturalistica o artificiale.


A Playa fa un caldo disumano, il nostro cuarto è situato in una palazzina non troppo lontano dalla Avenida cinco, ulteriore zona turistica da americani che amano farsi svuotare le tasche con divertimenti posticci. Facciamo un giro per renderci conto ma diventiamo subito critici e preferiamo allontanarci..i nostri discorsi, per citarne uno sono di questo stampo: "guarda quello lì, che faccia da coglione..si un coglione da 5000 pesos a notte..che schifo..che poi,  dormirai anche in hotel super sfarzoso, ma sei sempre un coglione!" . Ecco, io lo so che quando si prende questa piega qua, è meglio tornare alle Avenidas limitrofe, quelle con i localini caratteristici, con le proposte tipiche dove gli avventori sono principalmente messicani e dove oltre a mangiare bene e bere meglio, puoi assaggiare anche la miglior tipicità del luogo: sorrisi inclusi nel servizio e la curiosità di scambiarsi informazioni come sanno fare ancora i veri esseri umani. E allora Tequila!!


 Vista la "sbranda" della sera precedente, sono titubante nel constatare che Terry desidera ordinare un Margarita, non credo che il suo corpo da oggi abbia deciso di reggere meglio l' alcol  rispetto a ieri, ma sembra così convinto che non me la sento di fare l' avvocato del diavolo. "Senor, dos Margaritas", ordina al camarero che torna entro pochi minuti con due coppe ricolme.... e un immaginario biglietto per la "cama" che di li a poco verrà il povero Terry riverso sulle lenzuola da cui non si alzerà più fino alle 6:3o della mattina dopo!

Naturalmente non prima di aver collezionato un pò di figure de mierda al supermercato, dove tocchiamo e maneggiamo ogni assurdo frutto che ci capita per le mani, mentre un commesso con cuffietta in testa e microfono si aggira lungo i corridoi informando attraverso le casse (esatto..non gli altoparlanti, la filodiffusione o altre diavolerie moderne..ma casse da concerto, appoggiate ad altezza orecchio su bancali colmi di prodotti) del quantitativo di offerte e promozioni di oggi! Molto anni 80!
Successivamente, da buona psicopatica in vacanza, indosso il mio completo da crossfit e mi lancio in una corsa tra le strade sconnesse che si estendono intorno al nostro appartamento, durata totale della pratica: 15 minuti. Quando al mio rientro, marcia di sudore, Terry apre un occhio per sincerarsi che non sia Isidro il vecchio proprietario della posada, mi chiede sbiascicando "ma sei già tornata? Quanto è passato..dieci minuti?". Io punta nell' orgoglio e ancora ansimante per lo sforzo appena sostenuto rispondo falsissima " ehm..stava venendo buio, non volevo che ti preoccupassi!", il naso mi si allunga talmente tanto che quando faccio per voltarmi per raggiungere la terrazza dove mi concederò un fresco stretching tra le zanzare, per poco non buco l'armadio.
Terry ritorna riverso a faccia in giù, per nulla preoccupato, ancora tronfio di Margarita.


giovedì 8 ottobre 2015

Que viva Mexico - iguanas, mar dei caraibi, tacos y margaritas



Jueves 8 de Octobre Dosmilayquince
Cancun, Manzana 26, Super Manzana Lote 13 24 27
Ore 5 (cinco) : 15 (y quince ) de la manana.

Fuori piove e dentro i condizionatori cantano.
Approfitto di questo momento di insonnia per cominciare il racconto di viaggio messicano che finalmente si sta compiendo.
Voy a empezar..
Pensiero n.1 del 06/10 ore 5:20 - " un aereo che parte alle 10:10 da Malpensa NON è un buon orario per due che vivono a Genova!"
Pensiero n.2 de lo mismo dia, poquito mas tarde: " ma che cccce frega, siamo in ferie!!!!


Dopo circa 10 ore e 15 di volo caratterizzato per lo più da sonno e posture assurde per conciliarlo, la città di Miami, FL. , primo porto di sbarco statunitense, ci accoglie con le mille formalità doganali americane, istituite senza ombra di dubbio, per instillare nel viaggiatore che ha disposizione meno di un paio d'ore per il connecting flight, la certezza matematica che rimarrà a terra, mentre il suo volo per Cancun stà pigramente sorvolando l' Atlantico. Neanche il timido ammiccamento di Mr. Miller, il simpatico addetto al controllo dei passaporti (corredato da registrazione delle impronte digitali) della cabina 58, che non nasconde il suo rammarico nell' aver appurato che Terry NON è mio fratello, mi distoglierà dall' ansia di vedermi con il naso schiacciato contro il vetro del gate chiuso, a fissare la coda del Boing 737 che si allontana dal suolo.
E invece no, abbiamo persino il tempo per un tramezzino al tacchino refrigerato che ci blocca le funzioni vitali!
Il viaggio è breve stavolta e alle 6 del pomeriggio circa siamo a destino.


Un viaggio in bus fino al terminal in centro e mi si presenta già il primo deja vù, i cubicoli di cemento squadrati che ospitano piccoli negozi di alimentari, agenzie di cambio e paccottiglia per turisti dal cattivo gusto, i pali della luce, i taxi scarcagnati che ingurgitano clienti, hanno un' assurda somiglianza con la Tailandia, l' unica differenza è che qui non hanno i tratti orientali..anche se poi non è sempre vero!
I tassisti discutono tra loro su dove potrebbe essere ubicato il nostro appartamento, pare che le informazioni che abbiamo non siano così dettagliate perchè indicano il quartiere, la zona ma non l' incrocio delle due strade che è il riferimento che necessitano, abbiamo già capito che orientarsi non sarà facile, poi uno di loro si "illumina" e partiamo fiduciosi verso Avenida Palenque, fine della corsa: Calle Primero de Mayo. Ci accolgono i latrati di un cane color caramello che ci mette in guardia dalla terrazza della casa che costeggia la lingua di cemento che attraversa il prato che conduce alle villas. La nostra è la 27. "Poco casino", dice il perro " de donde vienes y a donde vayas!" annusa l' aria impregnata di informazioni mentre ci allontaniamo dal suo campo visivo e pare che questo gli basti, perchè ai successivi passaggi si limita a riconoscerci e a starsene quieto sul tetto da cui troneggia.

Molliamo tutto e usciamo bramosi di stuzzicherie messicane, con tutti i dubbi del caso, riguardo al mangiare o meno dai negozietti che si affacciano sul marciapiede della avenida : no cose crude, non verdura malcotta, no frutta senza buccia, no acqua non confezionata, no ghiaccio. Dopo 300 metri siamo seduti sugli sgabelli di una tienda de Tacos a gustare il nostro primo "Takinn" di farina di mais cotto sul carbone, a base di queso filante, pomodori, insalatina, peperoncini lunghi e terribimente piccanti e tante altre prelibatezze che condiamo con salse dai nomi irripetibili, tutti immancabilmente vezzeggiativi. Accompagniamo il tutto con due bevande a base di frutti.

Strinati come cocchi facciamo ritorno satolli alla nostra camera. Nel silenzio della notte, qualche ora più tardi, esco fuori a dare uno sguardo al cielo messicano, costellato di tanti piccoli occhietti luccicanti che ancora una volta non so riconoscere, ma che mi allungano le labbra in un sorriso. Ci sono. Sono di nuovo in viaggio. Rientro e sono felice di non aver svegliato Terry. Questi sono momenti da non spiegare..
La mattina il sole accende di indaco il cielo sopra la nostra casetta, c'è un corridoio tra la camera e il bagno, senza soffitto, da cui si osserva un rettangolo di cielo limpidissimo, la piccola vichinga dentro di me scalpita per andare fuori ad esplorare,  quella grande la calma con maestria: "rilassati, abbiamo un mese di tempo per vedere tutto". Di comune accordo ce la prendiamo comoda.
La mattina dopo ci avventuriamo a prendere un autobus, e scopriamo la fantastica guida degli autisti messicani, mi chiedo il perchè di tanta scarsità di piloti autoctoni nel mondo dei rally..

Una bella passeggiatina lungo la strada principale che costeggia la zona hotelera, tra cartelli ansiogeni per Terry in cui si elencano le norme comportamentali da tenere nei confronti dei coccodrilli che potrebbero infestare gli acquitrini paludosi adiacenti al marciapiedi che stiamo percorrendo..mi guarda un pò perplesso come se si aspettasse che lo rassicurassi sul riconosciuto umorismo dei messicani, preferisco non enunciare la moltitudine di indicazioni ben peggiori incontrate nel mio peregrinare australiano, sia mai che un giorno esprima il desiderio di visitare anche quel mondo là..!

Intanto qui fa il primo incontro ravvicinato con le Iguanas, che immobili e incomprensibili ci guardano oltrepassarle all' ombra degli alberi. Ci fermiamo a Playa de las Perlas dove c'è una fine sabbia bianca, degli ombrelloni di legno e paglia sparsi qua e la ad uso gratuito di chi vuole schermarsi dal caldo sole caraibico e il mare con l' acqua più calda che abbia mai sentito. Terry rimane a mollo per un numero di ore imprecisato. Mi si sdraia accanto rugoso come Benjamin Button all' uscita dall' utero!
Il pomeriggio prosegue tra sospiri di beatitudine, qualche capatina ad esplorare le casette che si affacciano sulla spiaggia, alcune con scivoli che dalla porta finestra della camera ti allungano fin dentro alla piscina, per gente che fatica a svegliarsi, altre con statue a grandezza naturale di Poseidone piazzate sul poggiolo del primo piano.

Sulle nostre teste piccoli pterodattili in miniatura si stagliano neri contro un cielo indaco, due venditori di mandarini e pepitos attraversano la spiaggia, i bambini mangiano in acqua empanadas e rape rosa. Gli alberi dai rami ritorti reggono le amache colorate. Si dondola.
Il silenzio impera fatta eccezione per un sottofondo di musica tradizionale messicana, molto piacevole, gentilmentelmente offerto dalla limpiadora dei servizi igienici alle nostre spalle, che adagiando il suo smart phone sul ripiano del lavandino di ceramica del cesso (ahhhh come mi piace inserire una parola "vulgaris" in mezzo alle altre!) dei disabili, crea inspiegabilmente una cassa di risonanza tale da allietare la piccola spiaggia!

Rincasiamo per darci una sistemata prima di affrontare la Cancun Turistica, quella dei beceri americani in vacanza con gli appetiti da soddisfare, grandi mangiate, clichè ignoranti sui costumi locali, baracconi danzerecci alcolici corredati di raggi laser e schiuma party, personaggi creati dalla vicina macchina da soldi hollywoodiana in giro per le strade a posare in cambio di spiccioli. Un altro deja vù, sono tornata a Patong (Thailand), lungo lo stroll dei locali notturni, dove centinaia di procacciatori vendono i ping pong show come ultima frontiera dello spettacolo per turisti, le palline da ping pong non sono le uniche protagoniste della questione..

Viaggiare è anche vedere come viaggiano gli altri, buttare un' occhio su cosa si aspetta la gente dai posti che sceglie come meta per qualche giorno all' anno. Poi decidere cosa ci si aspetta dal proprio e in quale modo spendere tempo e denaro.
Ci facciamo quindi servire un margarita all' aperto direttamente dalla capoccia del camarero, assaggiamo qualche altra tipicità, Terry è già andato dopo una Sol, birra simil corona della gradazione alcolica del 4,2%.
Il frastuono dei clubs lo risveglia dal torpore e come un bambino in un immenso parco giochi gira la testa in ogni direzione per fare indigestione di immagini e stramberie, gli alti volumi delle hits che hanno già accompagnato la nostra ormai conclusa estate, impazzano qui dove l' estate è alle porte..all we need is somebody to lean on! eeh ooh eeh ooh eeh ooh eeh ooh". Come due cyborg a corto di carica, il nostro corpo, da perfetto orologio qual'è, si ricorda che a casa nostra a quest'ora si spengono le luci e senza possibilità di opporsi inizia la fase dello spegnimento. Il seguente viaggio in autobus è tutto un ciondolare di teste su colli che vorrebbero abbandonarsi al tocco del cuscino, i miei occhi rifiutano di rimanere aperti e il mio cervello se ne frega se potrei risvegliarmi a Tulum una volta giunti al capolinea.

Fortuna che Terry conserva un briciolo di energie per localizzare la fermata più vicina al nostro incrocio e trascinandomi come un carrello della spesa con le rotelle storte, mi tira giù dall' autobus mentre gli verso addosso anche l' ultimo residuo di acqua rimasta nella bottiglietta privata del tappo, lui ignaro si tocca i pantaloni e si annusa le dita terrorizzato dalla possibilità di essere stato "spisciazzato" dal suo vicino sul bus. Non apro neanche gli occhi, vado a traino, un rimorchio di 56 chili, nella calura della notte messicana.