martedì 27 novembre 2018

Giornata mondiale dei Templi a Saigon



La mattina del 25/11 la tempesta, già fin troppo in ritardo, non ce l’ha fatta più ad aspettare ed è arrivata alle porte di Saigon, passando dalla costa, come aveva promesso, dopo aver rosicchiato la terra sotto i piedi alle linee ferroviarie, scoperchiato tetti, sradicato alberi e fatto somigliare Nha Trang ad una succursale di Venezia, ma senza passerelle rialzate.
I rovesci sono costanti, quindi non c’è altro da fare che stare a letto con un buon libro, ed io fortunatamente ho l’uno e l’altro! La giornata passa così, tra uno sbadiglio e l’altro e una passeggiatina alla vetrata per vedere cosa succede in strada.


Il giorno dopo invece, anche se il cielo è grigio, non piove, perciò mi avventuro in strada per seguire il mio obiettivo della giornata: visitare tutti i templi della citta, includendo il vecchio quartiere cinese di Cho Lon.  Mi aspettano molti chilometri da percorrere.
Il primo tempio è molto vecchio e le decorazioni del tetto, contro questo cielo plumbeo acquisiscono ancora più fascino, inoltre la cima del cancello che lo racchiude è avvolto da filo spinato, particolare un po’ atipico per un luogo di culto. Un vecchio custode sta seduto tra il portale d’ingresso e il piazzale, e fa colazione con una tazza di zuppa e spaghetti, in compagnia di un cane sbrincio.


Continuo a camminare tra le vie tutte uguali ragionando sull’edilizia vietnamita, che comunque, nonostante non si possa descrivere con grandi elogi, è molto più decorosa rispetto a quella vista in Cina,  Thailandia e Taiwan. Un tempio non contemplato sulla mia lista spezza la monotonia del cammino.


Seguo il percorso su Google maps, con le tappe che ho inserito in ostello, quando avevo la connessione e ne approfitto per elogiare l’applicazione, perché senza, mi sarei persa ogni giorno passato in Vietnam. Questo non solo perché io, come più volte ricordato in altri post di viaggio, non ho il senso dell’orientamento, o perché dovendo scegliere tra due direzioni prenderei sempre quella sbagliata, ma anche perché in Vietnam non amano i cartelli stradali.


Sono un po’ come i semafori, inutili perché non li rispetta nessuno, perciò perché metterli! Google e i satelliti lo sanno e quindi grazie, per avermi dato la possibilità ogni giorno di arrivare dove volevo: a piedi, in moto e col pensiero, quando la sera pianificavo la tappa del giorno dopo e scoprivo che era fattibile.
Per arrivare al terzo Tempio, il navigatore mi fa passare in mezzo ad un piccolo e pittoresco mercato, dove ho l’occadione di fare qualche scatto interessante alle venditrici di pesce, alle verduraie e alle macellatrici di carne.


Questo tempio, pur non essendo niente di particolare, deve essere segnalato sulle Lonely Planet e affini, perchè è preso d’assalto dai turisti di mezz’età. Me ne vado in fretta, perché come già detto non amo avere gente nelle mie foto e mi ritrovo, dopo mille saliscendi pericolosi dai marciapiedi, scavalcando spazzatura, gente che cucina e pezzi di marciapiedi sconnessi, davanti al teatro di Cho Lon.



È deserto e bellissimo, pieno di murales sullo stile delle vecchie cartoline francesi delle località balneari e ritratti di bellissime attrici asiatiche. Mi fermo a mangiare in un locale che fa prevalentemente ravioli, già che siamo nel vecchio quartiere cinese. Mi rimetto in marcia e trovo un altro bel tempio e una chiesa Cristiana che somiglia vagamente ad un castello disneyano. Tagliando poi per una stradina interna, per sfuggire un po’ allo snervante traffico e all’inquinamento acustico, assisto alla pesa di un gallo in mezzo alla strada.


La cosa assurda è che è il pesa-Galli a guardare me stranito, come se lui, li accucciato sull’asfalto stesse facendo la cosa più normale del mondo. E poi un gallo in piena citta..ma perché stupirsi, visto che sono pure passata davanti a botteghe con i polli che scorrazzavano sul marciapiedi. Per non parlare della venditrice di uccelli, che quando li vende li infila in un sacchetto di carta come fossero pomodori!


Arrivo al tempio più bello, Giac Lam Pagoda, deserto, dove è in corso una preghiera buddista molto musicale e coinvolgente, il Monaco recita scandendo il tempo su un campanaccio di legno, i fedeli gli fanno eco, mentre gli altoparlanti diffondono il canto per tutto il cortile. Un grasso Buddha pacioso assiste soddisfatto. Il prossimo Tempio si trova sulle rive del fiume, è parecchio lontano e sono stanca.


Decido quindi di chiamare un Grab, e qui vado a spiegare quest’altro miracolo vietnamita. Siccome il traffico è allucinante, gli autobus quasi inesistenti ( e comunque non si sa dove fermino nè che tratta facciano quindi sono impossibili da gestire per un occidentale ) e i taxi costosi, ecco l’invenzione che risolve la vita, mototaxi in continuo movimento per la città, contattandoli tramite app, inserendo la propria posizione e la destinazione, la tariffa compare sullo schermo insieme alla faccia del motociclista che ti verrà a recuperare in pochi minuti. Vestono tutti la giacca verde e il casco in tinta con la scritta Grab, ti portano a destinazione in sicurezza, paghi una sciocchezza d tanti saluti. La cosa eccezionale è proprio l’immediatezza.


L’ultimo tempio, che doveva essere quello su cui avevo riposto grandi aspettative è una ciofeca, quindi, essendo le 17, dichiaro chiusa la giornata a sfondo religioso e me ne torno in ostello, per prepararmi alla mia ultima cena vietnamita, e siccome ho 600.000 Dong da spendere (circa 22€), ho deciso che mi tratto bene e vado in un posto chic, solitamente spendo dagli 80.000 ai 140.000 per un buon pasto!


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