venerdì 2 novembre 2018

Taitung, il temibile battello per Ludao e la meraviglia della barriera corallina meno conosciuta al mondo



23/10/2018
La tappa di Taitung mi serve solo come ponte per l’isola di Ludao, a 50 minuti della peggior navigazione della storia dei traghetti, dicono. Lo scenario che si prospetta è grossomodo una parodia de “la tempesta perfetta” con George Clooney, tra onde ciclopiche, venti a centinaia di nodi quanti se ne possono trovare tra i miei capelli dopo un giorno senza spazzola e stomaci che si svuotano del cenone di Natale di due anni prima. 


Quando raggiungo il porto di Fugang inizio a dubitare della mia resistenza, ma uno dei due Singapore boys conosciuti sul bus, mi allunga un blister di pastiglie per il mal di mare. Glielo mangio tutto, compresa la confezione e mi accomodo sul fondo del battello, come mi hanno consigliato. Impossibile non notare la quantità di sacchetti di plastica appesi ovunque, tra sedili, pareti e poggiatesta..deve essere davvero un’inferno! Cerco di sedermi in un posto corridoio, per non trovarmi incastrata tra i getti degli altri occupanti della fila, perché casomai non dovesse rivoltarmisi lo stomaco per il rollio, succederebbe per gli odori, i suoni e l’immaginazione fervida che mi accompagna in questi momenti! 


Invece no..traversata esemplare, mare calmo, sole caldo e in un attimo sono a terra. Singapore boy fat dice che quello che non pago all’andata lo sconto con gli interessi al ritorno! Grazie Bro! Vedi un po’ se facendo diving incontri una pastinaca velenosa! 


Il porto è pieno zeppo di motorini parcheggiati fitti fitti, uno vicino all’altro,  in attesa di essere noleggiati. Anche io mi accaparro il mio, nonostante il noleggiatore storca il naso alla vista della mia comunissima patente italiana. Ma il taiwanese biondo mi ha condotto fin qui, lui ha detto “no problem” e ora io voglio il mio scooter! E poi jet lee non parla una parola d’inglese quindi si deve rassegnare! Inizio il giro dell’isola e passata la strada dei pochi ristoranti, un 7-Eleven e un family mart, finalmente inizia la parte verdeggiante. La prima tappa è il faro, poi si prosegue verso le prigioni, il museo sui diritti umani, il centro correzionale ma soprattutto l’Oasis Villa, come venne soprannominato in cinese. L’isola di Ludao ha un brutale passato di detenzione, tortura ed esecuzioni durato dalla fine degli anni 40 fino alla fine degli anni 80. Il terrore bianco si chiamava e inizió prima con la detenzione di persone sospettate di essere spie comuniste, fino ad estendersi a studenti, intellettuali e chiunque fosse accusato di criticare il governo. Più di 90.000 persone sono state arrestate e almeno metà condannate a morte. Alcuni sono rimasti imprigionati per più di trent’anni, chiusi in umidi bunker, interrogati e regolarmente torturati. Entrare in solitaria in un carcere, aggirarsi tra i corridoi, oltrepassando le porte delle celle aperte, guardare dagli spioncini, le celle di isolamento e quelle imbottite, mentre intorno il silenzio è pesante e la luce del sole inonda ignara le pareti e le finestre è un’esperienza surreale. Per fortuna subito fuori la strada si inerpica in collina e si apre la vista sull’Oceano e sulla costa. In breve tempo ci si scorda del disagio e si ammira la roccia della bella addormentata, sdraiata sull’acqua che riluce, col suo mento perfetto e il collo sottile, il petto sinuoso e il corpo che diventa un tutt’uno con la vegetazione. Il cane pechinese le sta sdraiato davanti, anche lui sonnecchia sull’acqua col musetto sulle zampe. Ancora curve sinuose mentre si ridiscende sul mare, le rocce sulla destra e acqua limpida a sinistra. Sulla estremità più a sud le piscine termali di Zhaori mi vedranno arrivare dopo cena per una lunga e rilassante visita notturna, mentre l’isola si ammanta di buio e la luna rischiara il mare a giorno. Nel frattempo, tornando al presente, raggiungo Dabaisha, per una perlustrazione approfondita e ravvicinata di una delle barriere coralline meno conosciute e più sottovalutate del mondo. Al primo bagno non mi rendo conto di ciò che mi “vive” sotto, ma una volta calzata la maschera e boccaglio si apre un mondo di meraviglia e colori. Le rocce hanno spaccature e insenature che si aprono a profondità inviolate, ricoperte da coralli, madrepore e piccoli fiorellini vanitosi che si scuotono frivoli, come se ridessero. Piú vicino alla superficie enormi paguri si muovono con le loro case in testa, con passi decisi e rapidi. Pesci colorati nuotano calmi mentre si fanno guardare, in lontananza dove tutto è più sfocato, banchi di gigantoni con la testa gobbuta come dugonghi, si allontanano placidi verso le profondità. Un pesce nero con le guance paffute e un cerchio arancione intorno alla coda, mi passa davanti. Mi muovo con la corrente, guardo dall’alto uno spettacolo unico e il mare non mi teme, mi fa restare a gioire della calma che regna qui sotto al pelo dell’acqua. 
Quando mi ritiro per il freddo, il pontile che ho percorso per entrare in acqua è quasi completamente sommerso, vedo scendere dalla strada frotte di orientali bardati da alta montagna, ah già, è l’ora dei selfie, dei salti e delle spruzzate d’acqua fotogeniche. Non c’è nessuno a guardare il mondo sommerso, bastano pochi minuti, duecento scatti e si può risalire sul pullman o in sella fino alla prossima fermata. Rincontro i Singapore boys per cena, ci raccontiamo un po’ di giornata, poi vado alle terme. Si è alzato il vento, per raggiungere la vasca rotonda con l’acqua calda devo attraversare il semicerchio freddo e quello tiepido, poi mi immergo e guardo la luna spuntare dalle nuvole. C’è un gran silenzio, tutti si guarda nel nulla ma con la faccia beata, una donna dorme immersa, con la nuca appoggiata al bordo. Scrosci d’acqua dentro una stanzona a vetrate attirano la mia attenzione, sembra godurioso, quindi mi avvicino. La temperatura della piscina oscilla intorno ai 41 gradi, resto immersa finché si libera un getto, la forza dell’acqua mi costringe a tenere il costume per evitare di dare scandalo, anche qui c’è gente che si bagna in costumi più ottocenteschi che attuali. 



Quando sono strabollita torno alla vasca esterna e capisco come ci si possa addormentare. Una vecchia taiwanese vuole intrattenere una conversazione in inglese con un ragazzo forse italiano. Inizia a piovere. Torno al bollitoio finche non smette. Poi vado alla mia casetta sul mare, guidando al buio dell’isola tra il canto dei grilli e il chiaro di luna. 

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