giovedì 29 novembre 2018

Il museo del Genocidio e i Campi della morte di Phnom Penh



28\11\2018
Mi sveglio col sole, per la prima giornata a Phnom Penh, ho in mente di visitare il Tuol Sleng Genocide Museum, meglio conosciuto come S21, il più famoso di 200 prigioni ubicate in tutto il paese, dove la gente veniva torturata e uccisa dai Khmer Rossi. Il nome deriva dal fatto che Khmer è la più vasta etnia della Cambogia e Rossi perché questo e' notoriamente il colore della bandiera comunista. L’audio guida mi informa che qui vennero imprigionate tra le 12.000 e le 20.000 persone, e solo 12 sono sopravvissute. La prima fermata si affaccia su 14 tombe bianche, ospitano le ultime 14 vittime della prigione, uccise in tutta fretta, quando avanzavano ormai le truppe di liberazione sulla citta'. Furono trovate dai altri cambogiani come loro, disertori del partito, incatenate alle loro brande, impossibili da identificare. Le foto sulle pareti di ogni stanza raffigurano il momento in cui sono state trovate e lo stato in cui si trovavano i corpi.
Quando il 17 Aprile 1975 i Khmer Rossi marciarono su Phnom Penh, fino a 3 milioni di persone vivevano nella citta', più della metà erano rifugiati, reduci da battaglie interne al paese, e successivamente dagli 8 anni in cui gli USA bombardarono la Cambogia, come parte della guerra con il Vietnam. In America era chiamata la guerra segreta, ma qui non era un segreto per nessuno, fino al 1973 gli Americani sganciarono più bombe sulla Cambogia, di quante ne avessero sganciate nella II Guerra mondiale!
Uccisero più di 100.000 persone, per lo più civili, agricoltori. Non ci si meravigli quindi, se i cambogiani accolsero i rivoluzionari Khmer Rossi col sorriso: pensavano fosse la fine della loro miseria, ma era solo l’inizio. Appena 3 ore dopo, quello stesso giorno, gli abitanti furono scacciati da Phnom Penh, dalle loro case, verso le campagne, gli dissero che era per la loro sicurezza. Gli abitanti gia' stremati dalle guerre e dalla fame morirono a migliaia durante il viaggio, di stenti, malnutrizione e malattie. Chi si rifiutava di partire veniva immediatamente giustiziato. 
Sei mesi dopo l’S21 venne insediato in quello che oggi è il museo del Genocidio e un tempo scuola superiore. La Cambogia soffri' per 3 anni 8 mesi e 20 giorni, indicibili supplizi, in nome della follia distruttiva di Pol Pot, leader del partito comunista di Kampuchea, ex nome della Cambogia, ribattezzato Angkar, che significa semplicemente “l' organizzazione”. 
Inizio la visita dall’ Edificio A, dove venivano rinchiuse le persone importanti, spesso il loro nome veniva occultato o cancellato dai registri, è qui che furono trovate le ultime 14 vittime. Fuori dalla struttura un cartello riporta le regole che i prigionieri dovevano seguire. Le feritoie per il passaggio dell’aria e della luce, una volta esistenti e le finestre vennero murate, per evitare che dagli altri edifici, i prigionieri sentissero le urla dei torturati, ma in realta' tutti, dagli altri edifici, sentivano cosa accadeva li dentro. Tutto e' rimasto come allora, le brande, i segni sui muri, le catene.
L’ Edificio B era occupato da altre celle molto più anguste. Oggi il piano superiore è destinato alla formazione e a mostre temporanee, il piano inferiore conserva prove fotografiche e documenti.
In alcuni scatti sono immortalati i volti degli uomini che decisero le sorti della Cambogia: Pol Pot il folle leader del partito di Angkar, col suo folle progetto diu ripulire il paese e ripartire dall' anno zero, detto fratello numero 1, il Compagno Duch direttore della S21, che stabiliva le attività giornaliere dei prigionieri, le torture e autorizzava le esecuzioni, Son Sen vice primo ministro, con gli occhiali, che insieme alle mani morbide per chi non era al potere erano segno di intellettualità, caratteristiche del possibile nemico della rivoluzione, portare gli occhiali poteva significare la morte. 
Il Partito di Angkar perlustrava i villaggi per reclutare bambini e adolescenti da formare per lavorare alla S21, molti erano analfabeti, facilmente manipolabili, la loro formazione consisteva nel canto di slogan e apprendimento delle regole di condotta. Poi avrebbero, assistito, interrogato e torturato i prigionieri. Gli si faceva credere che questo era il lato giusto del partito e l’anima del paese, dovevano mostrarsi sempre allegri, ridere della sofferenza e della morte, per non essere sospettati di provare pena, di soffrire per la sorte dei traditori, che altro non erano che loro fratelli cambogiani. La maggior parte di loro, quando la paranoia sul tradimento al partito di Pol Pot crebbe, fu imprigionata a sua volta e giustiziata. Le donne che lavoravano a S21 erano più che altro dottori e cuoche, ma almeno una effettuava gli interrogatori, dopo che una prigioniera fu violentata da una guardia. Il Compagno Duch sceglieva i giovani, insegnava loro i migliori metodi per estorcere confessioni. Pol Pot, che sosteneva che i contadini erano i suoi eroi e ripudiava ogni forma di crescita culturale e intellettuale, ridusse alla fame il popolo cambogiano, compresi quelli da lui definiti la ricchezza del paese, gli umili agricoltori. il denaro fu abolito, come la proprietà privata, nessuno poteva possedere nulla, tutto apparteneva ad Angkar, a cui si doveva devozione ed obbedienza, prima che alla propria famiglia. Cucinare per proprio conto era proibito, il regime prevedeva dei pasti in comune, che consistevano in riso annacquato che la gente riceveva da un enorme bacile, le razioni erano minime. Dopo il 1976 le razioni di cibo furono ridotte da 3 a 2 al giorno, lo stretto necessario per tenere in piedi i contadini, che lavoravano duramente dall’alba al tramonto nelle risaie per triplicare i raccolti, come da ordine di Angkar. Una richiesta disumana e impossibile da accontentare. La gente di città inoltre non sapeva come coltivare il riso (nemmeno Angkar lo sapeva), fu un disastro totale, in cui almeno 2 milioni di persone morirono di fame, di stenti e malattie, (un quarto della popolazione cambogiana), oppure giustiziate perché non avevano soddisfatto le richieste del partito. Per chi sopravvisse la vita cambió comunque per sempre. 
Il partito arrestava sempre piu' persone, includeva tutti i familiari, così,  dicevano, non sarebbe rimasto nessuno a potersi vendicare in futuro; “ arresto di parentela” veniva definito: “ quando si estirpano le erbacce è necessario eliminarle tutte, radici incluse”, era un motto di Pol Pot. Quando nel 1 Gennaio 1979 le truppe di liberazione vietnamite e cambogiane che avevano disertato il regime di Pol Pot, marciarono su Phnom Penh, al personale della S21 venne ordinato di distruggere tutte le foto e i documenti. Dovettero scappare prima di aver terminato, molte foto furono separate dai relativi documenti, e molte non sono ancora state identificate. Immaginate cercare qui un familiare tra migliaia di volti cosa deve essere stato per le famiglie delle vittime. Inoltre, durante i terribili anni bui in cui si svolsero i fatti, i Khmer Rossi, insediati al potere, inviarono centinaia di lettere ai cambogiani che vivevano all’estero, chiedendo loro di tornare in patria, per aiutare il paese, acconsentirono con gioia, ma una volta arrivati, furono imprigionati, torturati, costretti a confessare il tradimento al partito e il loro coinvolgimento con enti come CIA e KGB e le loro famiglie non li videro mai più tornare. Un pannello raccoglie le immagini delle vittime provenienti da paesi stranieri, nemici del partito e spie delle organizzazioni gia' citate, con le quali ovviamente non avevano nessun legame. Altre foto raffigurano i prigionieri torturati troppo duramente che spiravano prima che fosse firmata la loro esecuzione da Duch, le morti accidentali, queste foto servivano per fare rapporto ai superiori. Quando un prigioniero era sul punto di non resistere più alle torture, veniva chiamato un medico affinché lo tenesse in vita per prolungare la sua agonia e poterlo torturare ancora. Le medicine erano composte da acqua salata per disinfettare le ferite e un composto di farina aceto e zucchero, con cui si facevano pillole. Siccome i veri medici venivano giustiziati come traditori del regime, giovani dottori venivano formati in 4 mesi, facendo pratica di anatomia sezionando i prigionieri vivi. I reclusi fornivano anche il sangue per l’esercito, in una pratica chiamata “distruzione per il sangue”. Una guardia racconta: “venivano incatenati, un tubo in ogni braccio e si pompava. Da ogni prigioniero venivano riempite 4 sacche, dopodiché venivano lasciati appoggiati al muro, respiravano come grilli, le pupille dilatate, non sentivano più niente, scavavamo delle fosse e li seppellivamo”. 
L'edificio C, che un tempo ospitava le aule della scuola, è stato suddiviso in molte piccole celle di circa un metro quadrato, o grandi stanzoni utilizzati per le detenzioni di massa, i prigionieri erano incatenati tra loro, fimo a 9 insieme, dovevano stare fermi immobili e non emettere suoni, se le catene facevano rumore venivano picchiati. La superficie esterna dell'edificio è completamente ricoperta di filo spinato, dopo che un detenuto si era suicidato lanciandosi al piano di sotto, il suicidio era per lo piu' impossibile, solo alcuni riuscirono nell'intento, uno si conficco' la penna con cui stava scrivendo la sua confessione nel collo e un altro si verso' sul capo il liquido di una lampada a olio. Gli interrogatori servivano a far confessare alle vittime i loro tradimenti al regime di Angkar e di avere contatti , come gia' detto, con organizzazioni segrete di cui non avevano mai sentito parlare, il furto di cibo, di non aver completato un lavoro assegnato. Dopo giorni di tortura ininterrotti tutti confessavano e questo era sufficiente per essere giustiziati. Ad Angkar non interessava la verità, solo un motivo, estratto con la forza, per poter "schiacciare" chi era considerato un nemico del regime. Nell'edificio D le foto illustrano la filosofia della distruzione dei Khmer rossi, che cercavano di cancellare tutto ciò che aveva sostenuto la cultura cambogiana, a partire dai luoghi di culto, le credenze tradizionali erano proibite, la gente doveva credere solo ad Angkar. I monaci furono uccisi, i Templi diventarono centri di detenzione e raccolta di corpi. Cinema nuovi, vuoti e distrutti, le arti bandite, anche l'economia fu distrutta, tutto ciò che rappresentava crescita e modernità bandito, cancellato. I Khmer pensavano che la paura instillata nella gente e la rinuncia li avrebbero portati al successo. Fortunatamente sbagliarono. L'ultima stanza mostra cosa è successo alla fine, un' enorme fotografia ritrae una fossa comune, una delle oltre 300 esistenti in tutto il paese. I campi della morte di Choeung Ek furono creati quando non ci fu più spazio per seppellire le vittime nella S21. I detenuti venivano bendati e trasportati di notte su camion, poi arrivati ​​a destinazione, venivano fatti inginocchiare sul bordo di una fossa e uccisi con colpi alla testa, usando quello che capitava: una sbarra di ferro, una zappa, un martello, poi gli tagliavano la gola. Non gli si sparava, perche' i proiettili erano costosi e per mantenere il rumore al minimo. Sono stati stimate 20.000 morti a Choeung Ek, ma molti resti non sono stati ancora recuperati. Nell'ultima stanza che visito sono raccolti alcuni teschi, probabilmente appartenenti alle prime vittime della S21. 
Nel 2009, iniziarono le udienze per il caso 001 davanti alla corte della Cambogia,  giudici internazionali e cambogiani presiedevano la corte, la loro missione era quella di perseguire i capi e gli autori dei crimini commessi durante gli anni del potere di Angkar. Nel 2012, il Compagno Duch è stato condannato all'ergastolo, (solo dopo aver ricevuto una condanna da 35 anni, ridotta a 30 e aver presentato ricorso pero'!) il caso 002 ha portato i 4 capi sopravvissuti del partito Kampuchea al banco nel 2011. Tutti condannati all'ergastolo, a parte il ministro degli Esteri che morí prima della fine del processo e la moglie, cognata di Pol Pot, che sviluppo' una grave demenza senile durante il processo e fu esclusa dal procedimento. Pol Pot era già morto. 
Il museo è parte della memoria del mondo, l' UNESCO ha registrato quanto accadde qui, come elemento di interesse per l’intero genere umano. I documenti trovati qui sono testamento della disumanità che sarà ricordata per generazioni, in modo che non possa accadere di nuovo.
All'uscita contratto un passaggio da un autista di Tuk Tuk per continuare la visita ai campi della morte.
I killing fields di Choeung Ek sono stati la fine del viaggio dei prigionieri, a cui fu detto che sarebbero stati trasferiti in una nuova casa, furono ingannati, ancora, perche' venivano qui per morire. Eorse qualcuno di loro immaginava e provo' sollievo per l' imminente fine.  Nel 1978 arrivavano fino a 300 prigionieri al giorno. Monaci, monache, avvocati, professionisti, medici, scrittori, questi erano i nemici del regime Pol Pot, tutti da eliminare.
Il campo fu scelto perché era lontano dalla città e perché era già stato un cimitero della comunità cinese locale. I corpi nelle fosse venivano ricoperti di sostanze chimiche, come il ddt in polvere, che completava il lavoro iniziato dalle guardie, l'odore copriva anche il fetore della decomposizione. Gli alberi di palma da zucchero che circondano quest'area non erano usati per dolcificare o fabbricare tetti di paglia, ma gli steli che sostengono le foglie sono così duri e taglienti che a volte venivano usati per sgozzare i prigionieri. Oggi, dove sorgeva il campo della morte, dove venivano effettuate le esecuzioni, sono stati piantati degli alberi. Qui furono trovati 450 corpi, nel 1979 furono scoperte in tutto 129 fosse, su un'area di 2,4 ettari, contenenti oltre 20.000 vittime. Il motto di Pol Pot era "meglio uccidere per errore un innocente, che risparmiare per errore un nemico". Ogni 2 o 3 mesi i gestori del centro raccolgono i brandelli, le ossa e i denti spuntati in superficie a causa delle piogge, una teca raccoglie vestiti che il terreno fa riaffiorare dal 1980. Alcuni visibilmente appartengono ai bambini. Quando nel 1979 Pol Pot fu finalmente rovesciato, fuggi' coi suoi verso il confine thailandese, ma per oltre 10 anni, l'Occidente continuo' a temere la minaccia del comunismo e la Cambogia rimase isolata dal resto del mondo. I Khmer Rossi si riorganizzarono nella giungla, erano ancora considerati i governanti legittimi dalla maggior parte dei paesi occidentali, ricevettero un seggio alle Nazioni Unite, inviarono i loro rappresentanti a New York e ricevettero persino aiuti finanziari, mentre i cambogiani soffrivano per ricostruire il paese! Pol Pot rimase leader per altri 20 anni, finche' fu condannato agli arresti domiciliari, per poi morire un anno dopo, avendo comunque trascorso una vita tranquilla, con moglie, figli e nipoti.
Nel 1988 fu inaugurato lo stupa commemorativo di Choeung Ek, al suo interno si trova una teca di 17 livelli, 17 come il giorno in cui i Khmer Rossi entrarono a Phnom Pehn. I primi 10 livelli conservano almeno 9000 teschi, nei livelli superiori sono conservate le ossa più grandi, le più piccole, sono state lasciate nel terreno, perché non c'era abbastanza spazio per esporle tutte. Lo stupa è una struttura buddista, usata per contenere reliquie sacre e in questo caso, oltre ad essere più grande della media, è decorata con simboli sia buddisti che induisti. Sotto il tetto, in ogni angolo ci sono grandi uccelli Garuda, animali mitologici, che mescolano le caratteristiche di un grande uccello, un leone e un uomo. Il grande Dio Vishnu cavalca un Garuda. Negli angoli sporgenti del tetto si scorgono dei serpenti magici noti come Naga, hanno code dorate che si attorcigliano a spirale fino alla cima del tetto. I Naga secondo la leggenda hanno generato il popolo Khmer e sono spesso rappresentati con 7 teste. Tradizionalmente sono nemici dei Garuda, ma quando si incontrano, come qui, diventano un simbolo di pace. Mentre lascio i campi di sterminio a bordo del tuk tuk che mi aspetta fuori, un sole rosso di fuoco tramonta sui campi, solo che oggi non riesco ad apprezzarlo, oggi il rosso non mi piace più tanto come colore.
                                      



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