sabato 17 novembre 2018

Le Buddhanate, gli amici ritrovati, la prima goccia di vino in due mesi e le mille lanterne colorate




12-14/11/2018
Questa mattina svegliandomi trovo un messaggio di Ariel su whatsapp, dice che ha noleggiato un motorino e passerà per Da Nang ma poi si fermerà a dormire a Hoi An, io avevo pensato di stare ancora una notte qui, ma in effetti, quel che voglio vedere, posso esaurirlo in poche ore, e poi prendere un bus locale di circa un’ora fino alla città delle lanterne. Prenoto quindi un ostello vicino al suo e vado a noleggiare uno scooter per raggiungere la Marble mountain. Prima però faccio una sosta dolce al Saint Honorè per una fetta di foresta nera.


Convinta di trovare facilmente un distributore di benzina, vado verso il mare, finché il mio motorino, sputacchiando, mi avverte di avere lo stomaco vuoto. Per fortuna mi sono fermata davanti ad una vecchia che noleggia scooter, perciò mi versa 2 litri di benzina, che pago  abbondantemente, ma mi sta bene! Il mare che mi scorre a fianco ha bellissime e lunghe onde, chilometri e chilometri di sabbia dorata, all’ombra di palazzoni e grattacieli nello stile di South beach, Miami.


Proseguo ed ecco avvicinarsi la montagna, che pare nascondere in se templi e gironi danteschi. Quando arrivo all’ingresso, i pullman dei cinesi non ci sono ancora, perciò mi affretto ad entrare. Mi accoglie un ponte di marmo arricchito di teste di vari animali e un biglietto d’ingresso decisamente troppo economico. Con l’espressione dubbiosa mi infilo nella grotta e arrivo in una grande sala.


Alcune aperture nella roccia fanno filtrare la luce del sole, di fronte a me, la religiosità fatta spazzatura: un Buddha incoronato e seduto, con alle spalle spade incrociate, illuminate da led verdi, che le fanno assomigliare a quelle di Star Wars e una corolla di dragoni sopra la testa. In un’altro anfratto è riprodotta Lady Buddha, anch’essa simbolo della città, con un’aureola multicolor.


Salgo le ripide scale di pietra che portano alla beatificazione, un caldo tremendo e una linea di marcia che non si riesce a far rispettare, perché i cinesi passano quando vogliono loro e non c’è verso di farli aspettare. Statue e sculture di draghi e Buddha abbondano in ogni parete, anche nei posti più impensati. In cima alla scala, l’aria fresca, il sole e la beatitudine. Circa mezz’ora per scendere e finalmente mi libero della massa cinese per addentrarmi all’inferno.



Satanassi torturatori frustano, segano, tagliano e banchettano con gli sventurati peccatori. Quando torno al salone principale i pullman hanno riversato mezza Cina dentro la grotta. Non mi resta che scappare a cavallo del mio bolide e andarmi a godere un po’ di spiaggia. Dove il lifeguard diventa la perfetta trasposizione del vietnamita nel traffico; invece di suonare il clacson a ripetizione, lui soffia senza posa nel suo fischietto, rompendo le balle a tutto il circondario.


Gli spacco la bandierina rossa sulla testa e gliela conficco in gola, quindi tornato il silenzio, posso finalmente sdraiarmi sul morbido bagnasciuga, vicino ai pescatori che mi applaudono.
In lontananza vedo Lady Buddha che veglia sulle acque e decido di raggiungerla prima dell’autobus delle 16:30 per Hoi An. È molto bella nel suo candore che si staglia contro il cielo blu, i giardini intorno sono curati ed includono belle strutture in stile cinese. Riparto col mio bolide verso l’ostello e in pochi minuti sono sul bus.


Qui imparo la metodologia vietnamita del sali e scendi: l’autobus procede a velocità sostenuta per il tragitto, il cassiere individua preventivamente dei possibili viaggiatori e scende in corsa dal bus, prendendoli per la collottola e alla base della schiena, al fine di lanciarli a bordo. Poi quando sono seduti passa a riscuotere, prima di fare il procedimento inverso con quelli che devono scendere. Ad Hoi An mi aspetta un Upgrade, da dormitorio a camera doppia, anche perché fino all’arrivo di Ariel, che è stato rimbalzato dal suo ostello per overbooking, sono la sola ospite. Eccolo lì il mio pelatone israeliano che si arrampica sulle scale!


Sono troppo contenta che ci siamo ritrovati, quindi per festeggiare ci concediamo una super cena con tanto di vino francese, che qui costa meno che in Francia! Intorno a noi, lanterne colorate, luci soffuse e atmosfera unica..il bello  sarà ritornare in ostello in bici da brilli!
Ci fermiamo tre giorni, durante il primo ci svegliamo ancora rintronati dalla sera prima, e ci trasciniamo affamatissimi verso il centro in bici. La nostra metà è la Regina dei Bahn mì, che sono delle piccole baguette croccanti , farcite con vari ingredienti locali.


La proprietaria, Madam Kahn, ha proprio il portamento di una vecchia regina, i capelli raccolti dentro un turbante di stoffa a fiori, l’abito lungo in tinta, le ciabatte che trascina per la sala a testa alta, mentre butta occhiate ai tavoli per vedere che non manchi niente. Sono davvero buonissimi quindi facciamo il bis, accompagnando con frullati di mango e ananas. Belli tronfi andiamo al mare, e quasi quasi siamo tentati di provare il parasailing, ma Ariel ha paura e quindi ci facciamo solo sballottare dalle onde. Bagno serale nella piscina del hotel e la sera mangiamo Thai, prima di tornare di corsa a nanna.


Dopo tre giorni di lanterne, pedalate notturne e Assembly halls, ci separiamo ancora, io prendo un bus per Quy Nhon da infarto. Cinque ore di balzelli sulle sospensioni, sdraiata sull’ultima fila di poltroncine in fondo al bus, mi mettono al tappeto. Ho solo da buttarmi sul mio nuovo lettone e dormire fino all’indomani.






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