sabato 3 novembre 2018

Ritorno alla terra ferma

24/10/2018
Quando la mattina mi sveglio, scopro con orrore che sta diluviando, inoltre una colonia di formiche ha approfittato della porta aperta per fare colonna fino ai wafer nella tasca del mio zainetto. Mi vesto infastidita e decidi che prenderò il traghetto delle 10:30. Inutile aspettare quello delle 14:00 con questo tempaccio. Il mio host mi regala un poncho ( dopo le ciabatte e la cuffia e lo sconto di 200 dollari il giorno prima! ) e salto sulla sella diretta alla biglietteria dei traghetti. Peccato che non hanno il pos, sono senza soldi e l’ antipatica dietro il vetro non si sforza di capire cosa le chiedo. Di fatto vado a cercare un ATM al 7-Eleven, che di solito ce l’ha, ma non stavolta, l’unico sta alle poste, ma non legge le carte estere!Il tempo scorre, devo riconsegnare il motorino, piove e non voglio restare sull’isola fino al pomeriggio. In un momento di genialità chiedo allo sportello se mi possono cambiare dei dollari americani e alla risposta positiva inizio a vedere la luce in fondo al tunnel. Le intimo di sbrigarsi per non perdere il battello e alle 10:27, dopo aver tirato i soldi in faccia alla bigliettaia stronza, sono sulla banchina che ancora non è arrivato. Bruttissimo segno, doveva già essere attraccato da mezz’ora! Inizio a pensare che il mare sarà grosso e che la profezia di Fat boy Singapore si avvererà! Arriva, salto la fila spinta dal magone del vitello che ho dentro e prendo posto sul fondo. Stavolta sono incastrata tra due e non ho sacchetti a portata di mano, ne pasticche contro il mal di mare. Mi infilo le cuffie mette, alzo a bomba per non sentire rumori sgradevoli e chiudo gli occhi appoggiandomi allo schienale. Quando il battello esce dal porto si ballucchia, ma scopro che lasciandomi cullare ad occhi chiusi lo stomaco non si accorge di niente. La musica mi prende e penso di essere su un tappeto volante, un po’ di dondolio è naturale. Non apro mai gli occhi, anche per paura di vedere che invece intorno si stia scatenando l’apocalisse. Per sicurezza infilo il naso dentro la maglia e respiro solo il mio Givenchy spruzzato stamattina. Mi immagino che all’ attracco, quando aprirò gli occhi, il battello sarà sottosopra, con gente spiaggiata e moribonda, e seggiolini divelti, ma forse sto esagerando. Tutto fila liscio e posso raggiungere la stazione in direzione Hualien. Domani mi aspettano sentieri lungo le Gole di Taroko, il mio ostello è proprio di fronte alla stazione dei treni e alla fermata dei bus per il Parco Nazionale. Per festeggiare faccio il bucato. E già che la lavanderia è all’ultimo piano, butto pure le scarpe zuppe nell’asciugatrice, mentre cerco di fare la disinvolta davanti alla telecamera, mezza sdraiata sulla macchina per sigillare lo sportello, da cui provengono botti disumani ( le scarpe tentano di uscire in un paio di occasioni ). 


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