giovedì 1 novembre 2018

Da Kaoshiung a Kenting, finalmente l’Oceano



20-21/10/2018
L’autobus per Kenting parte dalla stessa fermata della metro Zaoping dove ieri ho preso il bus per Foguashang e che peraltro è la più vicina al lago del loto, per visitare le pagode della tigre e del drago. 
Detto ciò, il bus non è propriamente economico, ma promette di portarmi sulle spiagge in meno di due ore! Mi accomodo e mi preparo alla visione di soleggiati km di spiaggia inviolati da presenza umana. Si perché come gli altri orientali, anche i Taiwanesi temono e rifuggono il sole. Non tanto per questioni salutistiche, quanto perché inorridiscono alla vista delle lentiggini, che per loro non sono un vezzo, bensì un sintomo di invecchiamento della pelle. Grazie a questa credenza, le spiagge sono piacevolmente deserte fumo alle 5, poi improvvisamente ti giri e non si vede più il mare! Anche perché in pochi ci vanno per farsi il bagno; come per tutti gli altri posti, il mare è uno sfondo per i selfie, per le foto di gruppo in cui si salta e per i servizi fotografici alla fidanzata. Molto in voga anche lo scatto mentre si spruzza l’acqua con le mani, in ogni caso al mare ci si va bardati come sul Pordoi ed è bene non dimenticare l’ombrello, i manicotti, berretto e occhiali.



 Io arrivo al mio Capsule hotel, quindi ho già spiegato che dormirò in un loculo anche stanotte e per prima cosa vado alla spiaggia di Xiaowan con una breve passeggiata. La baia è carina e protetta dal vento, anche se l’acqua non è limpidissima. 



La sera tutta Kenting, che consiste in una strada su cui sorgono alberghetti, ristoranti e negozi di roba da mare, si riempie di banchetti lungo i due lati della carreggiata e diventa il night market più pericoloso e puzzolente di Taiwan. Pericoloso perché la strada principale, in quanto tale non si può chiudere al traffico, perciò si è costretti a sfilare davanti ai banchetti, che a loro volta sono davanti ai negozi, dinnanzi ai quali hanno già posizionato piccoli tavolini di plastica e tutto il loro retro bottega. Aggiungiamo a questo che ai taiwanesi piace fermarsi con scooter e macchine a ridosso dei banchetti e ai pedoni non resta che allargarsi ancora di più verso il centro della carreggiata. 



Sul puzzolente c’è ancora da indagare, ma posso quasi affermare con certezza che, in prossimità di alcune bancarelle che vendono vari pezzi del maiale ( e con vari intendo tutti, incluso intestino, orecchie, muso, coda e non so che altro ) si percepisce un’ inconfondibile quanto penetrante puzzo di m...a! 



Io sono un po’ satura di brodazzi e cineserie in genere, quindi, anche se non si dovrebbe, assaggio una pizza in forno a legna da un banchetto fuori dal casino. Certo il basilico sembra menta e prima di servirmela me l’hanno cosparsa di polvere pepata, però non è così male! Domani sono già in parola con il noleggiatore per prendere uno scooter. In teoria potrei ambire solo a quello elettrico con gli adesivi di Hello Kitty o Doraemon, ma visto che ho la patente A potrò avere un 125cc a benzina! La mia stanza capsula ha un interruttore della luce a due  scatti, il primo è una luce violacea, tipo luminol ed evidenzia sul soffitto le stelle e i pianeti, il secondo è un numero esagerato di faretti per le dimensioni del cubicolo, ma rende l’idea di “luce a giorno”.


Quando mi sveglio a est minaccia pioggia mentre a ovest pare si stia aprendo. Mi dirigo quindi verso la Baia di Baisha, dove il regista locale Ang Lee ha girato alcune scene del film “Vita di Pi”. 
Il posto è davvero bello, un’insenatura dorata tra due basso promontori ricoperti di vegetazione color giada. La giada è verde brillante. L’oceano qui è incredibilmente turchese e limpido, le nuvole sono bianche come cotone. Non resisto a buttarmi in acqua e a guardare di fronte a me lo spettacolo della baia. Non c’è quasi nessuno. 


Sotto un’unica fila di ombrelloni colorati, le sedie sono impilate. Resto un po’, poi vado a vedere se il tempo è migliorato dall’altra parte. Passo davanti ad un villaggio dove hanno appena finito una celebrazione con mortaretti e due busti di colorate divinità. Due macchine supertruzze mostrano impianti Hi-fi degni di una discoteca. 


Due ragazzini sorreggono una strana lancia con una lama tipo scimitarra ed eseguono una camminata misurata, a passi alti, sotto gli occhi attenti e incoraggianti degli adulti. Supero la Roccia di Chuanfan, guardo da lontano il faro di Eluanbi,  mi fermo alle Praterie di Longpan, distese verdi brillanti che nascondono una terra rossa di rame. 


Sotto le scogliere è un volo in caduta libera dentro l’oceano Indiano, il vento soffia forte. Risalgo ancora di più la costa per andare verso le dune di Gangzi, ma mi scappa la voglia di tornare a Baisha a veder tramontare il sole. La Baia è piena di gente ora che il sole cala, bambini che giocano, truppe da selfie occupano ogni granello di sabbia libero, centinaia di centilitri d’acqua vengono alzati da decine di mani e fatti saltellare a ripetizione, finché il disco infuocato si abbassa, raggiunge l’acqua e si espande in alto, tra le nuvole, in fiammelle rosse e violacee. 


È una serata da super grill. Mi accomodo davanti alla mia porzione di piastra rovente, in attesa contemplativa dei gesti rapidi e sicuri del mio Chef personale, che armato di spatoline, sposta instancabile la verdura, i germogli e le capesante da un lato altro del piano. Quando ha raggiunto il giusto grado di cottura, me lo insaporisce e posiziona la mia cena sulla velina di alluminio davanti a me. Mangio di gusto e sorseggio tè nero.  Domani vado a Taitung. 




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