giovedì 29 novembre 2018

Giornate intere tra le Dogane, il poco interessante viaggio da Saigon a Phnom Penh



27/11/2018
Alle 8:30 sono pronta a salire sul bus che mi porterà al di là della frontiera, in Cambogia, per l’ultima parte del mio viaggio. Il mio compagno di sedile ha una faccia che non riesco ad inquadrare, solitamente sono brava a capire le nazionalità delle persone, ma alcuni paesi mi traggono in inganno, probabilmente perché ci sono mix di origini nei loro tratti somatici che depistano. Comunque mi ha rubato il posto; il lato finestrino l’ho espressamente prenotato io! L’assistente del bus viene a ritirare i passaporti, io ho già il visto elettronico per la Cambogia, il mio compagno paga sul momento, intuisco dal suo sguardo che sta cercando di capire se il costo è maggiorato, come ogni volta, qui in Vietnam, così noto che allunga all’omino del bus un passaporto italiano. Lo guardo e gli dico che il prezzo è lo stesso che ho pagato io. Mi risponde in inglese, che capisce abbastanza la mia lingua ma non parla italiano, suo padre lo è, per questo ha doppio passaporto, oltre a quello brasiliano.
Iniziamo a chiacchierare e la guida lenta e il traffico di Ho Chi Minh passano in secondo piano. Verso le 11:00 arriviamo alla frontiera, ci fanno scendere e l’omino del bus si perde tra la folla con i nostri passaporti.


Non ci dice niente, ne dove aspettare, ne se dobbiamo passare il metal detector o se prima ci deve ridare il passaporto. Abbandonati a noi stessi. Per toglierci di dosso le donne con in mano le mazzette di Riel Cambogiani da cambiare con i Dong vietnamiti, passiamo il controllo, anche se nessuno guarda il monitor e nessuno ci controlla le tasche. Il nostro omino ogni tanto spunta e chiama qualche nome, che può tornare sul bus, dopo circa 30 minuti siamo tutti a bordo, tranne un ragazzo tedesco che ha perso l’evisa e non so quali problemi ha con una moto comprata in Vietnam. Lo aspettiamo un’eternità. Il bus riparte, facciamo 10 metri e si scende di nuovo, stavolta per passare la dogana Cambogiana..ci guardiamo straniti.


Entriamo nell’edificio, passiamo tra un corridoio di addetti che neanche ci guardano e usciamo dalla parte opposta..boh. Risaliamo sul bus ma del nostro omino non c’e traccia. Il bus si muove senza di lui e senza il ragazzo tedesco. Si ferma un paio di km dopo, in uno pseudo ristorante dove riescono a mangiare solo l’autista, e una coppia vietnamita con neonato. Nessun occidentale si azzarda a ordinare niente. Il mio compagno di sedile ne viene da un avvelenamento di cibo e guarda disgustato le pietanze dietro al vetro. Io mangio una scatola di Ritz comprati in precedenza.



Alle 14 finalmente ripartiamo, i commenti di altri viaggiatori sul passaggio della frontiera che interrogherò in seguito saranno entusiastici, in 10 minuti tutti hanno ripreso il viaggio! Ovviamente! Alle 17 finalmente arriviamo a destinazione per la giornata persa più persa della storia. A parte questo Phnom Penh mi pare più bella delle città Vietnamite, e cosa importantissima, il traffico qui è più lento e non suonano il clacson di continuo, come dei maniaci del rumore. Purtroppo lungo il tragitto non ho potuto vedere molto dalla mia posizione, ma ho notato distese di campi e casette con i porticati, mucche al pascolo, diverse dai bufali vietnamiti e bellissimi tetti con le classiche punte in su, tipici di questo paese.


Mentre il Tuk Tuk mi porta sulle rive del Tonle Sap, che ad occhio nudo vedo congiungersi col Mekong, passiamo davanti a bellissimo edifici: il Palazzo Reale, il Museo Nazionale, la Pagoda d’argento. Non vedo l’ora che sia domani per visitare questo nuovo paese..dopo quasi due mesi di Asia, la mia voglia di continuare non si è placata. Prendo in considerazione la possibilità di tornare a Gennaio..


Nessun commento:

Posta un commento